lunedì 28 dicembre 2009

Cosa deve fare Ahmadinejad per ricevere il premio Nobel?


Marco Cedolin
Sempre più spesso negli ultimi anni l’Iran e Ahmadinejad vengono dipinti da giornali e TV come lo spauracchio dell’Occidente. Prima a causa delle parole dello stesso Ahmadinejad nei confronti d’Israele, opportunamente strumentalizzate dalla stampa occidentale, poi in virtù del programma nucleare civile iraniano, negli ultimi mesi in merito agli scontri di piazza, riguardo alla repressione dei quali gli Stati Uniti e la UE si sono sentiti in dovere di esprimere ferma condanna.
Il governo iraniano viene dunque descritto dai media occidentali come un regime e Almadinejad come un dittatore impopolare che reprime nel sangue la rivoluzione verde dollaro invocata dai candidati riformisti.
Ma le cose stanno veramente così o si tratta del solito ologramma creato dalla premiata ditta deputata all’orientamento del pensiero? Cerchiamo di capirne qualcosa di più tramite questa intervista a Mohamed Hassan che sembra essere un poco più informato rispetto ai pennivendoli e TG cabarettisti nostrani.
Intervista di Michel Collon e Gregorie Lalieu a Mohamed Hassan
Traduzione dal francese per resistenze.org a cura di C.T. del Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
I media ci dicono che l’Iran rappresenta una grande minaccia. Come prova le dichiarazioni di Ahmadinejad su Israele e il suo programma nucleare. L’Iran è davvero un paese pericoloso?

Prima di tutto, dovete sapere che questo famoso programma nucleare è stato avviato durante il regime precedente, quello dello Scià. Con l’appoggio degli Stati Uniti! Inoltre, gli oppositori di Ahmadinejad all’interno e all’esterno del paese hanno portato avanti una campagna, sostenendo la volontà dell’Iran di entrare in guerra con Israele. È falso. L’Iran non vuole entrare in conflitto con nessuno. Vuole soltanto affermare la sua sovranità nazionale. La questione del nucleare deve essere considerata da questo punto di vista. Per il popolo iraniano rappresenta un diritto all’autodeterminazione.

Ma Israele si dichiara minacciato. E vero che Ahmadinejad nega l’Olocausto?

No. Ha riconosciuto che l’Olocausto è stato un avvenimento terribile, ma ha sottolineato il fatto che i responsabili di questo genocidio non ne hanno pagato il prezzo mentre i Palestinesi sì. Durante la Prima Guerra Mondiale, la Germania ha attaccato i suoi vicini e ne ha pagato le conseguenze. Per esempio, il Belgio è stato risarcito dalla Germania.

Qual è la vera posizione di Ahmadinejad ?
Egli sostiene che per stabilire quali siano i responsabili dell’Olocausto e farli pagare, si deve studiare questo tragico avvenimento e farne dibattito pubblico. Questo elemento essenziale è tenuto nascosto dalla campagna anti-Ahmadinejad: alcune persone gli fanno delle domande e poi rendono note le sue risposte estraendole dal contesto in cui sono state dette. Inoltre, il problema della responsabilità nell’Olocausto è diventata un tabù. Tutta questa propaganda contro Ahmadinejad mira a destabilizzare l’Iran.

Perchè ?

Noam Chomsky ha spiegato nel suo libro The Fateful Triangle che Israele, al tempo dello Scià, voleva costruire un’alleanza con l’Iran, la Turchia e l’Etiopia per stroncare il nazionalismo arabo nella regione. Oggi, Israele vorrebbe che in Iran ci fosse un governo condiscendente. L’obiettivo immediato della campagna contro Ahmadinejad è di interrompere le relazioni tra l’Iran da un lato e Hezbollah e Hamas dall’altro. Questo consoliderebbe la posizione di Israele su due fronti. Innanzitutto i paesi filo occidentali della regione in buoni rapporti con Israele (come l’Egitto e la Giordania) sarebbero rafforzati. Poi, in Palestina, la posizione di Abu Mazen uscirebbe rinforzata e le forze che vogliono resistere a Israele indebolite. Ecco le ragioni della campagna israeliana contro Ahmadinejad.

La questione palestinese e il programma nucleare non sono serviti ad Ahmadinejad come pretesti elettorali per riunire la popolazione intorno a sentimenti nazionalisti ?

Questo è quello che hanno sostenuto alcuni oppositori di Ahmadinejad durante la campagna. Sicuramente il popolo iraniano, che ha conosciuto le privazioni con lo Scià, è solidale con i palestinesi. Ma questo non ha potuto rappresentare un elemento cruciale nel determinare i risultati delle elezioni: non è la Palestina che da lavoro e cibo agli iraniani. In realtà, la visione politica di Ahmadinejad si rivolge allo Stato che, per lui, deve controllare tutto. È per questo che è stato eletto dai lavoratori e dai contadini, dagli operai nelle città: queste persone beneficiano dell’intervento statale e della sua politica economica. Al contrario, riformisti come Moussavi (che era sostenuto dall’Occidente) non sono d’accordo con questa visione.

Qual è la loro posizione?

Questi riformisti provengono dalla cosiddetta «borghesia del Bazar», una borghesia che esiste da molto tempo nei paesi islamici. È composta dai produttori artigiani associati ai contadini. Al tempo dello Scià, la borghesia del Bazar non era così importante, poiché il paese era dominato dalla borghesia compradora, che utilizzava l’apparato statale e le finanze del governo per commerciare con i paesi imperialisti attraverso l’import-export. I compradores non producevano nulla, non facevano altro che vendere dei prodotti. È per questo che l’economia irania è molto dipendente dall’estero.

A quell’epoca, la borghesia del Bazar non era sostenuta dai compradores, in modo che non disponesse di capitali e tecnologie. È per questo che essa ha sostenuto Khomeini durante la rivoluzione islamica del 1979. Il sistema economico iraniano è stato così trasformato e con lo sviluppo della borghesia del Bazar, a scapito di quella dei compradores, il paese è passato da uno statuto neocoloniale a un modello indipendente.

Le persone provenienti dalla borghesia del Bazar videro nella rivoluzione un’opportunità di utilizzare il capitale di Stato per fare un sacco di soldi. E oggi qualcuno di loro è miliardario! I riformisti come Moussavi, Rafsandjani o Khatami provengono da questo gruppo. Li si chiama «riformisti» non perché hanno idee progressiste ma perché vogliono cambiare il sistema economico attuale, riducendo l'intervento dello stato e lasciando più spazio alle privatizzazioni. Questo permetterà a qualcuno di loro di diventare ancora più ricco poiché l’Iran rappresenta un enorme mercato. Questa era la posta in gioco principale delle ultime elezioni e come si è già detto la maggior parte degli iraniani che beneficiano dell’intervento dello stato hanno scelto Ahmadinejad invece del «riformista» Moussavi.

Secondo voi, queste elezioni non sono state manipolate?

Certo che no. L’idea che sono state truccate arriva dalla propaganda gestita per isolare Ahmadinejad e stabilire in Iran un governo filo occidentale. È sufficiente analizzare qualche elemento per capire che quest’idea di frode non è seria. Innanzitutto, la Fondazione Rockefeller ha finanziato una ONG per realizzare un sondaggio d’opinione due settimane prima delle elezioni: Ahmadinejad era dato vincitore tre contro uno. In secondo luogo, i nostri media non hanno mai mostrato i dibattiti che sono stati organizzati durante la campagna elettorale in Iran: chiunque avrebbe potuto vedere che si trattava di dibattiti molto aperti e avrebbe potuto capire meglio perché Ahmadinejad è stato eletto dai lavoratori. In terzo luogo, ci si potrebbe domandare: chi sono coloro che sostengono che c’è stato un broglio elettorale in Iran? Perché gli Stati Uniti non si interessano alla democrazia negli Emirati? Perché non c’è una campagna contro l’Afghanistan dove le elezioni sono state chiaramente truccate? Etc…

Per rispondere a queste domande, si deve comprendere che a seconda degli interessi imperialisti, le elezioni sono definite buone o cattive. Infine, il popolo iraniano ha visto cosa le forze imperialiste hanno fatto in Iraq, in Afghanistan e in Pakistan. È anche una delle ragioni per cui gli iraniani hanno scelto Ahmadinejad, che costruisce un’alleanza antimperialista con paesi come la Cina o la Russia. Al contrario, i riformisti, definiti più «pragmatici», sono in realtà pronti a stabilire buoni rapporti con i paesi imperialisti per commerciare con loro.

Hillary Clinton ha recentemente ammesso che gli Stati Uniti hanno incoraggiato il movimento di opposizione iraniano dopo le elezioni. Ma non era la prima volta che Washington interveniva nella politica dell’Iran, non è così?

Nel 1953, in effetti, la CIA ha rovesciato il Primo Ministro Mossadegh. Lui era stato eletto per le sue idee nazionaliste e progressiste. Nel 1951, ha nazionalizzato l’industria petrolifera, provocando l’ira degli interessi anglosassoni nella regione. Un’operazione orchestrata dalla CIA ha sostituito Mossadegh con Mohammad Reza Pahlavi, lo Scià, che ha difeso gli interessi imperialisti nella regione per molto tempo.

Per gli Stati Uniti era molto importante avere un alleato in Iran, dal momento che il Golfo era stato a lungo dominato dall’impero britannico. Ma, quest’ultimo, dopo gli anni sessanta, si è indebolito e gli inglesi non avevano più i mezzi per finanziare le loro posizioni strategiche in questa regione. Quando hanno lasciato il Golfo, gli Stati Uniti temevano che l’influenza dei sovietici e il nazionalismo arabo avrebbero colto l’occasione per rinforzarsi. È per questo che Washington ha utilizzato lo Scià per interpretare il ruolo del gendarme nella regione e difendere i suoi interessi. Lo Scià ha beneficiato del denaro del petrolio per costruire un’enorme potenza militare e un servizio di informazione solido e spietato: il Savak. In quel momento, due forze si fronteggiavano nella regione: i rivoluzionari, che acquisivano sempre più legittimità tra le masse, come il governo di Nasser o la rivoluzione repubblicana in Yemen; dall’altro lato i filo imperialisti come il regime wahabita saudita, il governo del Kuwait o della Giordania. La dittatura militare creata dallo Scià con l’aiuto degli Stati Uniti ha contribuito fortemente alla vittoria delle forze filo imperialiste.

Quale era la situazione in Iran sotto la dittatura dello Scià?

Il popolo iraniano ha sofferto molto sotto questo regime. Come ho già detto, il paese era comandato dalla borghesia compradora, gestita da monarchi feudali e da un regime militarista, in uno Stato semi-coloniale senza la minima volontà di costruire un’industria nazionale. La borghesia nazionale era molto debole e la maggioranza della popolazione era composta da contadini, piccola borghesia e piccolo proletariato. Le differenze sociali erano enormi. Alcuni erano più ricchi di tutto quello che si può vedere a Beverly Hills; al contrario, molti iraniani non avevano mai visto il colore di una scarpa. È per questo che la maggioranza del popolo iraniano ha sostenuto la rivoluzione islamica del 1979 che ha rovesciato lo Scià. La diversità tra le classi sociali, ecco in realtà l’unico modo di capire l’Iran prima e dopo la rivoluzione.

Come si è sviluppata la rivoluzione? Come l’Iran ne è stato trasformato ?

Sicuramente, a causa delle enormi differenze tra le classi sociali, alcuni partiti e associazioni volevano cambiare il sistema. Il più importante di questi partiti è stato a lungo il partito comunista «Toudeh». Lo Scià li ha contrastati con forza, ma il suo più grande errore è stato probabilmente quello di lasciare sviluppare l’organizzazione dei Mojahedin del popolo iraniano (OMPI). Questi, si ispiravano alla teologia della liberazione (America Latina), combinando un’analisi marxista delle classi con il pensiero islamico. Lo Scià riteneva che l’introduzione di una nuova teoria, che combinava Marx e Islam, avrebbe ridotto l’influenza del suo principale nemico, il comunismo. Ma l’OMPI era in realtà più di un partito, dal momento che i suoi aderenti avevano una visione realista, come i sandinisti in Nicaragua. Sono diventati popolari e molto influenti. Tuttavia, per rovesciare lo Scià, mancava loro un leader. È per questo motivo che vollero servirsi di Khomeini (che allora era esiliato in Francia), poiché era un leader carismatico e antimperialista. Ma Khomeini aveva un proprio progetto. Così quando fu rovesciato lo Scià, egli affermò subito la sua ideologia e prese il potere. Tale avvenimento ha creato delle tensioni con i Mojahedin del popolo. Le due parti si affrontarono e infine Khomeini s’impose, godendo anche dell’appoggio della borghesia del Bazar.

Qual era la visione di Khomeini?

Per Khomeini il potere deve ritornare ai popoli del terzo mondo, oppressi dall’imperialismo. Voleva creare un fronte unito dei popoli e sostenne, ad esempio, i sandinisti in Nicaragua. In questo modo, l’Iran è passato da Stato neocoloniale a Stato indipendente. La prima misura del governo è stata di nazionalizzare il petrolio proprio come aveva fatto Mossadegh. Ha sostenuto la necessità di un parlamento e di un controllo su di esso in base alla religione e all’indipendenza nazionale: la Guida Suprema.

Dal momento che la candidatura alle elezioni deve essere approvata dalla Guida Suprema, il sistema politico iraniano è davvero democratico?

La definizione di democrazia è essa stessa una grande domanda. In Iran c’è una democrazia di tipo occidentale, una democrazia di Stato borghese? Certo che no. La Guida Suprema controlla il sistema politico iraniano ma sarebbe ingenuo credere che le elezioni dei paesi occidentali sono esempio di una democrazia migliore. Le elezioni qui da noi si fanno in base a forze che si trovano dietro ai partiti e che non si vedono direttamente. L’Iran è una repubblica islamica e tutti i partiti devono quindi basarsi sulla religione. I partiti laici sono visti come un’invenzione occidentale che potrebbe dividere il popolo e minacciare la sovranità nazionale del paese.

È proprio questa indipendenza iraniana che infastidisce i paesi imperialisti. Essi non hanno in realtà alcun problema con il fatto che l’Iran sia uno Stato islamico. L’Arabia Saudita è uno Stato islamico dove non ci sono elezioni e i paesi imperialisti non se ne preoccupano affatto poiché l’Arabia Saudita è un paese amico. Il vero problema è che l’Iran ha una visione indipendente
della sovranità nazionale. Immaginiamo che Ahmadinejad abbandoni la sua idea di indipendenza nazionale e adotti un sistema dove gli interessi imperialisti vengano difesi come in Arabia Saudita: riceverebbe sicuramente il Premio Nobel!

1 commento:

Luka78 ha detto...

Bella intervista, Marco, buono riportarla sul tuo blog.

Seguo le notizie che provengono dall'Iran e l'unica cosa che mi viene in mente - oltre al dispiacere di vedere dei giovani ( o meno giovani ) morire - è quella di un Occidente ipocrita, approfittatore e falso:

ipocrita: perchè si dispiace tanto delle vittime uccise negli scontri, peccato che non si dispiaccia delle vittime palestinesi uccisi dagli israeliani. Palestinesi, anche loro, che invocano libertà e nient'altro;

approfittatore: perchè coglie al balzo la situazione di caos dovuto alle rivolte per demonizzare una nazione che viene vista come avversario;

falso: perchè, molto probabilmente, così come fu nell'inverno/primavera scorsi, è una rivoluzione nella quale ci sono troppe ombre di ingerenza.
Come si sa, fino ad un annetto fa, era nei piani il dover bombardare quella nazione. Visto che è un progetto che richiede una preparazione - soprattutto di propaganda - di un certo tipo, avranno optato con la rivoluzione colorata.

E' una "guerra" difficile da combattere, perchè ci si scontra con l'ignoranza e la propaganda del nostro Occidente.

Occidente che, soprattutto in questi ultimi 10 giorni di dicembre, si sta scatenando con una propaganda pazzesca. Non c'è solo la questione Iran, ma anche quella di Al-Qaeda.
Quest'ultima ( ammettendo sempre che esista così come ce l'hanno sempre descritta ) sembra esser ritornata alla carica:
- rapisce due nostri connazionali;
- "incarica" un deficiente a farsi saltare in aria su di un aereo. E da qui, via ad un giro di vite su nuove misure di sicurezza negli aeroporti.
Ma questo di Al-Qaeda è un altro argomento, casomai ne parleremo più in là.

Un saluto, Marco.