mercoledì 13 gennaio 2010

IL TAV E L'INFORMAZIONE


Marco Cedolin
Il tanto temuto “assalto all’arma bianca” nei confronti del presidio NO TAV di Susa non si è fino a questo momento fortunatamente verificato. Le forze dell’ordine hanno militarizzato il territorio in maniera molto discreta e solo una “delegazione” si è presentata all’alba di fronte alle centinaia di presidianti che avevano passato la notte in attesa, incuranti della colonnina di mercurio che segnava cinque gradi sottozero. Una delegazione che si è limitata a “prendere atto” del fatto che veniva loro impedito l’accesso al sito, facendo presenti le conseguenze penali e civili che sarebbero potute derivare da questo atteggiamento. Niente blindati, tenuti discretamente nascosti alla vista dei manifestanti, niente cariche, niente manganellate, niente violenza.
Al contempo i tecnici di Ltf, deputati ad eseguire i sondaggi, debitamente scortati dalla poilizia, hanno provveduto a piazzare le trivelle in tre siti lontani dalla Val di Susa, a Collegno, Basse di Stura ed Orbassano, dove l’opposizione nei confronti dell’alta velocità è molto più sfumata, ma grazie all’arrivo delle trivelle sta facendosi sempre più convinta, fino al punto d’indurre già la nascita dei primi presidi, con relativi presidianti, accanto ai luoghi dei carotaggi.

Chi muove i fili del progetto TAV Torino – Lione ha dunque scelto, almeno fino a questo momento, di praticare una strada differente rispetto al 2005, prestando la massima attenzione a non surriscaldare gli animi e fidando ciecamente nell’impatto della pressione mediatica esercitata da giornali e TV. Per ora nessuna mossa avventata, nessuna provocazione sul campo e via libera al circo dell’informazione, deputato a trasformare una mezza sconfitta in una grande vittoria, tre sondaggi nella cintura torinese nell’inaugurazione del TAV Torino - Lione e la caparbia resistenza dei valsusini in un episodio marginale, quasi la costruzione dell’infrastruttura del TAV, con relativo tunnel di base di 55 km fosse prevista a Collegno o Basse di Stura e non in Val di Susa.

Proprio nell’ambito dell’informazione si è infatti fatto un uso smodato di quella stessa violenza risparmiata ai presidianti, condita da ogni sorta di menzogna, mistificazione e lettura distorta della realtà. Potrebbe essere interessante soffermarci qualche istante su alcune delle “perle” più gustose che il giornalismo di servizio ha inteso dispensare sull’argomento ai propri lettori nel corso degli ultimi giorni, nel tentativo di condizionarne il pensiero e la sensibilità.

Il quotidiano Avvenire, nell’edizione del 13 gennaio, pubblica uno specchietto riassuntivo, probabilmente in parte recuperato da qualche cassetto polveroso, nel quale si fa riferimento al “mitologico” asse ferroviario Lisbona – Kiev. Raccontando che il TAV Torino – Lione verrebbe a costare una volta a regime la modica cifra di 9 miliardi di euro (forse facendo riferimento a qualche stima d’inizio anni 90) anziché alcune decine come pare assai più probabile e affermando che l’opera consentirà di trasportare su rotaia 40 milioni di tonnellate/ anno di merci che nella realtà non esistono, dal momento che (lo si legge nello stesso specchietto) nel 2008 il volume di traffico merci transitato (su gomma e rotaia) attraverso l’intero arco alpino si è ridotto a 57,8 milioni tonnellate. A seguire altre affermazioni di pura fantasia visionaria fra le quali spicca la precognizione in virtù della quale i viaggiatori fra l’Italia e la Francia, attualmente in calo costante, passeranno nei prossimi 20 anni da 1,5 a 3,5 milioni per effetto di qualche esodo dalle cause imprecisate.
Sempre Avvenire e sempre nell’edizione del 13 gennaio osserva che solo “poche centinaia di persone” si sono trovate a fronteggiare le forze dell’ordine a Susa, strizzando l’occhio alle parole di Mario Virano che constata come a protestare sia rimasto solo più “uno zoccolo duro in montagna”.
Entrambi fingono di dimenticare che nel 2005, la notte del pestaggio di Venaus, i presidianti erano una cinquantina, ma poche ore dopo, e così per i giorni a venire, oltre 40.000 cittadini bloccarono la Valle ad oltranza, fino al momento dell’occupazione del cantiere. E grazie alle decine di migliaia di persone componenti lo zoccolo duro di montagna, ancora oggi ad oltre 4 anni di distanza perfino i buchi per i sondaggi, Ltf è costretta a farli a Collegno e non in Val di Susa.

Secondo il quotidiano Italia Oggi del 13 gennaio, la protesta NO TAV si starebbe “sgonfiando” in quanto uno solo dei sondaggi previsti sarebbe stato bloccato, mentre gli altri tre sarebbero partiti regolarmente. Peccato che Maria Laura Franciosi, autrice dell’articolo sia stata così distratta da non notare che uno solo dei sondaggi a suo dire previsti (quello bloccato) doveva avvenire in Val di Susa.

Secondo il quotidiano Epolis del 13 gennaio la presenza di solo 300 persone a fronteggiare le forze dell’ordine sarebbe il sintomo di una crisi inarrestabile del movimento NO TAV, anche se con inusitata bonomia l’articolista aggiunge di aver tenuto conto del fatto che per varie ragioni non si sarebbe potuto pensare che tutti i valsusini contrari all’alta velocità fossero rimasti a presidiare al gelo fino all’alba. Sempre nello stesso articolo si afferma che il TAV di oggi non avrebbe nulla a che fare con il progetto del 2005, né vi sarebbe più il pericolo causato dalle sostanze pericolose presenti nel terreno. Probabilmente solo i giornalisti di Epolis hanno finora avuto modo di visionare il “nuovo” TAV, la cui infrastruttura leviterà sospesa per aria, senza problema di amianto ed uranio e probabilmente senza passare neppure dalla Valsusa, dove le 300 persone, parte di un movimento in crisi potrebbero sempre fare qualche scherzo.

Sulla Stampa di Torino dell’11 gennaio, il Sindaco del capoluogo piemontese Sergio Chiamparino lancia l’idea di una marcia SI TAV bipartisan da organizzare a braccetto con il PDL ed Osvaldo Napoli. Parte del PDL si dissocia poi da quest’idea affermando che marcerà per il SI TAV solamente con la Lega ma non con il centrosinistra. La manifestazione viene annunciata per il 24 gennaio al Lingotto di Torino, ma sicuramente gli organizzatori dovranno stanziare per l’occasione un bel mucchio di quattrini, dal momento che nonostante Torino ambisca allo scettro di capitale del cinema il cachet delle comparse da assoldare rimane comunque piuttosto elevato.

Si potrebbe continuare così all’infinito, con decine e decine di articoli e servizi TV che ripetono a pappagallo lo stesso mantra, nella speranza che una bugia ripetuta mille e più volte possa trasformarsi in realtà irrefutabile. Sostanzialmente facendo leva su due temi.
Il primo è il dogma concernente l’importanza fondamentale del TAV quale volano dell’economia, per tutta una serie di ragioni che nessuno è in grado di spiegare in maniera coerente dal momento che non esistono.
Il secondo è la crisi della lotta in Val di Susa contro l’alta velocità che continua a fare paura, perché non è stata scalfita da 4 anni di lavorio sottobanco dell’Osservatorio Virano. Anche questo allora diventa un dogma, da ripetere nella speranza di riuscire ad esorcizzare l’eventualità che in Val di Susa ancora una volta la mafia del tondino e del cemento venga messa alla porta da decine di migliaia di cittadini, di montagna forse, ma sempre troppo educati rispetto a quanto sarebbe lecito aspettarsi.

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