Le
aziende che non hanno ancora delocalizzato chiudono i battenti al
ritmo di una quarantina al giorno, la cassa integrazione cresce a
ritmo esponenziale, la disoccupazione dilaga, in maniera ben più
cospicua di quanto non lascino credere i dati dell'Istat, che non
possiede (e non ha interesse a possederli) gli elementi per
effettuare un conteggio serio, una cospicua parte di quelli che
ancora lavorano è impegnata precariamente in impieghi saltuari che
garantiscono redditi nell'ordine dei 4/500 euro al mese. Volendo
ricorrere ad una metafora, potremmo dire che il lavoro retribuito
senza scendere sotto il limite della decenza, somiglia sempre di più
ad un animale in via d'estinzione che tutti cacciano e nessuno si è
mai preoccupato di salaguardare.
Il
sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo sembra
però avere scoperto la formula magica per innalzare il Pillu e
trasformarci tutti in ricchi consumatori felici, basterà rinunciare
ad una settimana di ferie ed il gioco è fatto......
Quella
che potrebbe somigliare ad una gag di Crozza è in realtà
l'esternazione, portata con estrema serietà dal tecnico del governo
Monti, durante un'intervista svoltasi a margine di un convegno a
Roma, nella quale codesto fulgido esempio di genio italico ha testè
dichiarato: "Nel brevissimo periodo, per aumentare la
produttività del Paese lo choc può avvenire dall'aumento dell'input
di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi
l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve. Se noi
rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul pil
immediato di circa un punto".
In
tutta evidenza il buon Polillo, da bravo economista qual'è, si
manifesta estremamente capace nella lettura dei numeri, così come
insegnano alle elementari, ma incontra qualche difficoltà quando si
tratta d'interpretarli. Così dopo avere preso atto del fatto che
secondo le statistiche l'italiano lavora mediamente 9 mesi l'anno e
che statisticamente una settimana di lavoro degli italiani occupati
equivarrebbe ad un punto di Pil, ha prontamente fatto 2 + 2 arrivando
ad arguire che basterebbe rinunciare ad una settimana di ferie, per
innalzare il Pil dell'1% ed uscire dalla recessione.
Matematicamente
il ragionamento non fa una piega, estrapolato nella realtà equivale
ad una fesseria pazzesca, di quelle che si dicono quando
drammaticamente si è persa l'occasione per stare zitti.
Abituato
a dividersi fra i salottini buoni della Tv e le auto blu del
ministero, fra una seduta alla Camera e un articolo per il Sole 24
Ore, Polillo deve avere ormai perduto ogni contatto con la realtà,
arrivando a pensare che gli italiani lavorino tutti in maniera
continuativa e facciano tutti tre mesi di ferie l'anno, questi
disgraziati. Senza che neppure gli passasse dall'anticamera del
cervello il fatto che questo dato (la media dei 9 mesi l'anno)
rappresenta semplicemente un elemento statistico derivante dalle
molteplici situazioni in cui si dibattono i lavoratori italiani.
Parte dei quali lavora precariamente un mese si e due no, parte dei
quali distribuisce volantini 3 giorni alla settimana, parte dei quali
lavora un paio di mesi durante l'estate, parte dei quali al contrario
si permette non più di un paio di settimane l'anno di ferie e così
via.
Se
il paese e soprattutto coloro che lo compongono, sta affogando nel
fango fino al collo è proprio perchè la banda criminale di cui
anche Polillo fa parte sta progressivamente eliminando qualsiasi
prospettiva di lavoro decentemente retribuito, attraverso tutta una
serie di processi che spaziano dalla delocalizzazione al dumping
sociale. Sicuramente lavorare di più, nel senso di costruire
opportunità per la miriade di persone che non hanno un lavoro,
potrebbe rappresentare un valido gradino per non affogare, ma si
tratta esattamente della direzione opposta rispetto a quella
intrapresa dai banchieri e dagli economisti che governano il paese.
Alla
luce di tutto ciò non ci resta che invitare Polillo a fare lui (e
quelli come lui) non una settimana ma qualche anno di ferie in più.
Forse non salirà di un punto percentuale il Pil, ma sicuramente
potrà riaccendersi un barlume di speranza.
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