lunedì 3 maggio 2010

IL DITO NELLA PIAGA


Marco Cedolin
Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad durante il suo intervento alla conferenza per la revisione del Trattato di non proliferazione nucleare in corso al Palazzo di Vetro dell'Onu a New York, ha chiesto lo smantellamento delle armi nucleari americane in Europa ed in particolare in Italia. Dal momento che “l'utilizzo di armi nucleari da parte degli Usa ha scatenato una corsa al nucleare” e gli Stati Uniti “usano la minaccia nucleare contro altri Paesi, compreso l'Iran”.

Una richiesta certamente legittima che “mette il dito nella piaga” costituita dalla paradossale situazione esistente ancora oggi, ad oltre 60 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, in stati Come Italia, Germania e Giappone, deprivati della propria sovranità e ridotti al ruolo di colonie degli Stati Uniti. Colonie deputate ad ospitare basi militari di varia natura ed armamenti di ogni tipo fra cui una considerevole quantità di testate nucleari.

Basti pensare che gli USA mantengono nel mondo circa 850 basi (escludendo quelle segrete di cui non è nota l’ubicazione) 500 delle quali in Europa e 113 in Italia. Proprio in Europa sono allocate 480 bombe nucleari, di cui 90 sul suolo italiano. L’Italia versa ogni anno nelle casse statunitensi una cifra nell’ordine del mezzo miliardo di dollari, per coprire il 41% dei costi delle basi USA e delle truppe americane presenti nel nostro paese.

Posti di fronte alla richiesta di Ahmadinejad ed incapaci di produrre una qualsiasi riflessione di un qualche spessore, i componenti della delegazione italiana e delle altre delegazioni europee, hanno scelto la via della fuga (che sempre si confà ai pavidi ed agli impostori) abbandonando l’aula in segno di protesta.
Protesta per cosa? Solamente per qualcuno che ha avuto il coraggio di dire la verità, quella verità che da 65 anni una classe politica servile al proprio padrone a stelle e strisce continua a sottacere a tutti gli italiani.

sabato 1 maggio 2010

IN GRECIA I "CATTIVI" PROTESTANO


Marco Cedolin
I giornali e le TV stanno da qualche settimana presentando quella che viene definita la “crisi finanziaria” della Grecia, in maniera estremamente didascalica, per molti versi simile ad un fumetto per bambini, alternando alle didascalie dotte disquisizioni e complesse calcolazioni esperite dai guru istituzionali della finanza che discettano ostentando un vernacolo per iniziati incomprensibile ai più.
Le didascalie hanno lo scopo di orientare il pensiero degli italiani, proponendo una lettura della questione tanto semplice quanto rassicurante. Le dotte disquisizioni sono indispensabili per dimostrare che questa è la lettura giusta, in quanto suffragata dal pensiero di chi conosce e domina una materia per “cervelli fini” con la quale le persone “normali” non possono certo nutrire la presunzione di confrontarsi.

La Grecia viene così dipinta nell’immaginario collettivo come un paese vittima di una grave crisi finanziaria, imputabile ad una cattiva gestione del debito pubblico da parte della classe politica che ha permesso il dilagare della corruzione e dell’evasione fiscale, garantendo a larga parte dei cittadini facili guadagni e “privilegi” a pioggia.
Proprio a causa di questo baccanale collettivo costruito a debito, il paese si è trovato così di fronte alla prospettiva di un crack di proporzioni gigantesche, dal quale solamente “l’amica UE” potrebbe essere in grado di sottrarlo. Prospettiva che naturalmente in Italia mai potrebbe verificarsi, poiché i nostri conti sono solidi e la nostra classe politica dall’avvento della seconda Repubblica cammina sulla retta via

I Paesi della UE, dall’alto della loro bonomia, ma anche per preservare intatta la salute dell’euro, si sono detti disposti a devolvere ai greci (a titolo di prestito) decine e decine di miliardi di euro nei prossimi tre anni, indispensabili per riportare a galla il loro equilibrio finanziario. Ma come ogni “buona banca” si sono visti costretti a pretendere alcune garanzie a tutela del loro “investimento”.
Tali garanzie sono costituite naturalmente dall’assicurazione che il governo greco chiuda i rubinetti dei “privilegi” imponendo ai suoi cittadini una serie di riforme “lacrime e sangue” che ne ridimensionino l’opulenza e contribuiscano a risanare i conti pubblici.

La UE ed il governo greco, dopo una serie di trattative, hanno “finalmente” raggiunto un accordo di comune soddisfazione. Ma una parte (peraltro minoritaria) dei cittadini, costituita da facinorosi, anarchici e frange dell’estrema sinistra sta protestando con veemenza, arrivando a scontrarsi con la polizia, perché abituata egoisticamente alla “bella vita” non è disposta a perdere i privilegi acquisiti.

Una rappresentazione molto semplice, convincente, rassicurante, ma tanto visionaria quanto distante dalla realtà.
Le cause della crisi finanziaria greca, oltre che derivare dalla corruzione e dall’evasione fiscale ad alti livelli, allignano in tutta una serie di speculazioni finanziarie internazionali studiate con tutta probabilità proprio allo scopo di condurre la Grecia sull’orlo di un baratro dal quale potrà salvarsi solamente “svendendo” quella sovranità limitata che ancora conservano i paesi della UE.

La sorte della Grecia sarà entro breve tempo seguita da tutti gli altri Paesi, ad iniziare dal Portogallo, dalla Spagna e dall’Italia, poiché il progetto messo in essere (per uno strano scherzo del destino) proprio all’indomani della ratifica del Trattato di Lisbona prevede l’annientamento dell’attuale sovranità limitata degli stati membri ed il trasferimento dell’intera sovranità nelle mani di una confraternita di organismi privati quali BCE, FMI, Banca Mondiale ecc.

Il denaro che verrà devoluto alla Grecia proviene dalla finanza pubblica e pertanto il finanziamento peserà sulle tasche dei contribuenti dei singoli stati. Tale denaro non sarà destinato ad offrire vantaggi ai cittadini greci ma entrerà in una partita di giro dove sarà utilizzato unicamente per coprire le voragini create dalla speculazione finanziaria.
Le garanzie imposte alla Grecia non sono state dettate dagli stati europei che offriranno il denaro, ma dalla confraternita privata di cui sopra. Confraternita che negli anni a venire si è arrogata il diritto di sovrintendere all’operato del governo greco (di fatto sostituendolo) imponendo tempi e modi delle riforme che dovrebbero iniziare la prossima settimana.

Le riforme lacrime e sangue non andranno a colpire i privilegi di un popolo opulento abituato a vivere nello sfarzo, ma metteranno alla fame cittadini con i salari fra i più bassi in Europa (insieme ad Italia e Portogallo) che già oggi vivono in condizione di estrema precarietà a causa della grave crisi economica e della disoccupazione.
Quella che viene dipinta (ed imposta) come un’operazione di risanamento dei conti pubblici, consiste semplicemente in un aumento indiscriminato della tassazione e nel taglio dello stato sociale e dei diritti dei lavoratori. Aumento dell’IVA e della tassazione su molti prodotti, riduzione dell’assistenza sanitaria e pensionistica, tagli degli stipendi, ferie e tredicesime, licenziamento di una cospicua parte dei dipendenti pubblici.

I “cattivi” che protestano e stanno creando disordini nelle principali città greche non sono solamente uno sparuto manipolo di facinorosi, anarchici e professionisti della protesta che non vogliono fare i “giusti sacrifici”. Sono quella parte di cittadini che ha iniziato a prendere coscienza della realtà, realizzando la natura della strada senza ritorno sulla quale la Grecia (paese pilota in Europa) verrà costretto a camminare a partire dalla prossima settimana.
Una strada che in tempi brevi diverrà molto affollata, dal momento che dopo il successo dell’esperimento, gli altri paesi (compresa l’Italia) seguiranno a ruota, condividendo il regalo dello stesso futuro “lacrime e sangue”.
La confraternita di cui sopra sa bene che una volta messa in moto l’operazione è indispensabile fare in fretta e condurre in porto il Blitzkrieg prima che al di là del velo delle didascalie e delle dotte disquisizioni i cittadini percepiscano la realtà ed incomincino a reagire creando problemi che non possano essere risolti con l’ausilio dei lacrimogeni e di qualche manganellata.

martedì 27 aprile 2010

IL NUCLEARE? FA BENE ALLA SALUTE!


Marco Cedolin
L’intraprendenza del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è pari solamente alla scelleratezza con cui il caramogio di Arcore è solito sottoscrivere con le altre nazioni accordi talmente sfavorevoli al nostro paese da risultare perfino imbarazzanti per coloro che ne beneficiano sfregandosi allegramente le mani.

Nel maggio del 2004 il Cavaliere diede prova del proprio genio firmando con il Presidente francese Chirac un accordo in merito alla suddivisione dei costi del TAV in Val di Susa, nell’ambito del quale l’Italia era disposta ad accollarsi il 50% del costo totale della tratta internazionale (di 72 km) pur risultando essa solamente per un terzo di competenza italiana. I francesi ringraziarono e portarono a casa il cadeaux.

Il 30 novembre 2005, costretto a trovare un barbatrucco che potesse permettere alla società Impregilo di defilarsi dal disastroso affare dei rifiuti in Campania, il genietto di Arcore varò nientemeno che un decreto legge che consentiva la risoluzione ope legis dei contratti con le società appaltatrici. Impregilo ringraziò e pochi mesi più tardi venne perfino premiata con l’appalto per la costruzione del ponte sullo Stretto di Messina.

Alla fine di agosto 2008 il salapuzio più famoso d’Italia firmò il cosiddetto accordo fra Italia e Libia, nell’ambito del quale l’Italia si impegnava a versare 5 miliardi di dollari a Gheddafi, in cambio della promessa di un maggior controllo da parte del paese libico in merito alle imbarcazioni cariche di clandestini che regolarmente salpano alla volta delle coste italiane, e dal momento della stipula dell’accordo Gheddafi sta continuando a sorridere compiaciuto.

Nell’autunno del 2008 il Silvio “nazionale”, dopo avere fortemente osteggiato la vendita di Alitalia ai francesi caldeggiata dal governo Prodi, ha pensato bene di svenderla ad una cordata d’imprenditori italiani che si sono a loro volta premurati immediatamente di risvenderla ai francesi, ad un prezzo notevolmente più contenuto rispetto a quello che Air France era disposta a sborsare solo qualche mese prima. I quotidiani d’oltralpe sono parsi perfino imbarazzati quando si sono ritrovati a fare dell’ironia sulla vicenda.

Nello febbraio 2009, un Silvio Berlusconi impettito come non mai ha realizzato il suo vero capolavoro, firmando a Roma con il presidente francese Nicolas Sarkozy un accordo che prevede in collaborazione con la Francia la realizzazione sul suolo italiano di 4 centrali nucleari che utilizzeranno la tecnologia francese. Una vera manna per la Francia, unico paese al mondo a dipendere quasi totalmente (circa 80%) dal nucleare per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico, ed ha necessità di esportare e capitalizzare i propri investimenti nell’atomo. Una vera iattura per l’Italia che dopo il referendum del 1987 era riuscita a liberarsi da una tecnologia pericolosa ed antieconomica che buona parte dei paesi nel mondo stanno abbandonando.

Lunedì 26 aprile 2010 (proprio il giorno in cui si commemorava la tragedia di Chernobyl) il Cavaliere è riuscito ancora una volta a superare sé stesso, siglando durante un incontro “informale” con Putin un memorandum d’intesa con la Russia, avente come oggetto la realizzazione in territorio russo di un reattore termonucleare sperimentale Ignitor.
Ed annunciando all’Italia intera l’intenzione d’inaugurare entro tre anni il cantiere della prima centrale nucleare su suolo italiano. Naturalmente dopo un’intensa campagna pubblicitaria (naturalmente a spese del contribuente) mirata ad orientare l’opinione pubblica dei cittadini, trasferendola su posizioni favorevoli all’atomo.Il nucleare? Fa bene alla salute! Come la “vecchia” acqua Lurisia, dovete berla tutti è il vero gerovital.

domenica 18 aprile 2010

NUVOLE DI CENERE SU SFONDO MONOCROMATICO


Marco Cedolin
I vapori cenerini del vulcano Eyjafjallajokull, partiti dall’Islanda, hanno ormai conquistato quasi tutta l’Europa, mettendo impietosamente in evidenza l’estrema vulnerabilità di una società tecnologicamente evoluta, qualora costretta a confrontarsi con gli elementi di una natura troppo spesso sottovalutata.
La nube eruttata dal vulcano islandese sta andando beffardamente a spasso per migliaia di km (stando alle parole degli esperti dovrebbe aver raggiunto in queste ore l’Italia centrale), senza curarsi di distanze e confini, paralizzando di fatto larga parte del traffico aereo europeo. La concentrazione delle ceneri in atmosfera che secondo l’OMS non dovrebbe determinare gravi rischi per la salute umana, mette invece a repentaglio il buon funzionamento dei reattori dei jet, rendendone pericoloso e sconsigliabile l’uso.

Si apre così lo spaccato su un’umanità ormai votata all’ipercinetismo ed educata alla movimentazione schizofrenica di merci e persone. Un’umanità abituata (anche grazie all’imperversare dei voli low cost) a “bruciare” migliaia di km per una riunione di affari, per un weekend esclusivo, per una rimpatriata in famiglia. Figlia di quella globalizzazione che trova nell’aereo il principale asse portante.
“Mi divido fra Londra e New York”, “Vivo in California ma quasi tutti i miei affetti sono a Roma e ci torno ogni volta che posso”, “Vado a Parigi almeno una volta la settimana, perché è lì la sede della multinazionale in cui lavoro”, “Ho passato buona parte dell’ultimo anno in aereo, ma durante i voli riesco a recuperare tempo lavorando al pc”, “Questo weekend andiamo a Praga, tanto con l’aereo s’impiega meno tempo che per una gita fuori porta”.
Sono solo alcune delle frasi facenti parte di un lemmario fino a qualche tempo fa appannaggio dei vip, ma recentemente divenuto di uso comune, ad indicare la sempre più stretta dipendenza dell’uomo nei confronti dell’aereo, in una società dove le distanze vengono compresse a dismisura, senza curarsi minimamente delle conseguenze e dei costi ambientali ed economici derivanti da questo atteggiamento.
Famiglie allargate sull’asse di migliaia di km, ognuna delle quali consuma ogni anno risorse che basterebbero a sostenere centinaia di famiglie del terzo mondo per tutta la durata della loro esistenza. Riunioni di organismi politici e multinazionali che inquinano come un complesso industriale. Pacchetti vacanza che possono fare concorrenza ad un petrolchimico.

Un’umanità che trovatasi in questi giorni di fronte al blocco forzato dei voli, manifesta tutto il proprio disorientamento. Specchiandosi negli aeroporti semideserti trasformati in bivacchi, nelle stazioni ferroviarie prese d’assalto alla ricerca di un improbabile succedaneo, nel tentativo frustrato di continuare a vivere ad “alta velocità” in mancanza dell’unico mezzo che può consentire di farlo. E fra le pieghe del disorientamento spicca naturalmente l’imbarazzo dei vip, politici, attori e miliardari a la page costretti a disertare appuntamenti improcrastinabili o peggio ancora ad affrontare per forza di cose lunghi e “faticosi”viaggi in corriera in grado di riportarli alla meschina condizione degli altri esseri umani, come accaduto al cancelliere tedesco Angela Merkel di ritorno dagli Stati Uniti via Lisbona.

Ma oltre a far riflettere sul rapporto di dipendenza ormai instauratosi fra l’uomo e l’aereo e su quanto siano vulnerabili rispetto agli eventi naturali i fragili equilibri di una società iper tecnologica, la progressione della nube scaturita dal vulcano Eyjafjallajokull non può mancare di mettere in evidenza il fatto che la terra rappresenta un sistema aperto, dove ogni evento, sia esso di origine naturale o indotto dall’attività umana, ha ripercussioni all’interno dell’intera biosfera, anche a decine di migliaia di chilometri dal punto dove si è generato.

Se anziché trovarci di fronte ad una nube di ceneri e vapore indotta da un’eruzione vulcanica che potenzialmente potrebbe influire sul clima nei prossimi anni e le cui conseguenze vengono giudicate catastrofiche dalle compagnie aeree che già reclamano gli aiuti statali e lamentano la perdita di centinaia di milioni di dollari a causa della sospensione dei voli, ci trovassimo a fare i conti con un disastro di origine antropica, la situazione risulterebbe assai peggiore.

La “nube” radioattiva ingenerata dallo scoppio di una centrale nucleare o quella tossica determinata dall’esplosione di un complesso chimico, si comporterebbero infatti pressappoco allo stesso modo, con la differenza che si tratterebbe di miasmi letali per la popolazione ed il problema non sarebbe costituito dall’attesa negli aeroporti, bensì dalla sopravvivenza dei cittadini.
Troppo spesso la cieca fiducia nella tecnologia e l’insana smania di dominio sulla natura, propagandate dall’orientamento del pensiero, finiscono per farci dimenticare la nostra condizione di piccoli uomini che in realtà non dominano alcunché, ma rischiano di farsi male seriamente, come bambini che giocano con i cocci di una bottiglia.

venerdì 2 aprile 2010

PONTE SULLO STRETTO: FACCIAMO IL PUNTO


Marco Cedolin
Intorno alla questione del Ponte sullo Stretto di Messina esiste a livello dell’informazione una certa dose di confusione che porta molti cittadini a domandarsi se la costruzione del Ponte sia già iniziata e nel caso quanto siano avanzati i lavori.

Tale confusione è stata sostanzialmente indotta dal fatto che lo scorso 23 dicembre la costruzione dell’opera sia stata ufficialmente inaugurata dal ministro Matteoli in persona.
In realtà “l’inaugurazione” del 23 dicembre aveva per oggetto non il Ponte ma una serie di opere considerate propedeutiche alla sua realizzazione, consistenti nella ristrutturazione e deviazione della ferrovia esistente. Opere che lungi dal manifestarsi esclusivamente funzionali alla costruzione del Ponte potrebbero avere un senso e venire portate a compimento anche se il Ponte non fosse mai realizzato. Sostanzialmente il governo ha inteso vendere mediaticamente l'inaugurazione del Ponte, partendo con dei lavori di scarso impatto economico, senza per ora affrontare l'opera vera e propria, iniziata la quale non si potrebbe più per forza di cose tornare indietro.

La costruzione del Ponte vero e proprio, già finanziato dal Cipe lo scorso anno con 1,3 miliardi di euro, nella misura di circa il 20% del costo previsto di 6,1 miliardi di euro, non è iniziata affatto, anzi non esiste neppure ancora il progetto definitivo dell’opera.
Come ha comunicato personalmente Pietro Ciucci, amministratore delegato di Stretto di Messina spa, lo stanziamento del Cipe è avvenuto sulla base del progetto preliminare, l’unico attualmente esistente.
Sempre secondo le parole di Pietro Ciucci la realizzazione del progetto definito dovrebbe iniziare alla fine di aprile ed arrivare a compimento (previsione in sé molto ottimistica) entro la fine di settembre, onde permettere l’avvio dei cantieri entro la prima metà del 2011. Tempistica che, confidando nell’ottimismo un po’ visionario di Ciucci, dovrebbe permettere d’inaugurare l’opera già nel gennaio del 2017.
In attesa di conoscere il progetto definitivo, non resta dunque che auspicare un ripensamento radicale della politica del governo in merito ad un’infrastruttura tanto ciclopica , devastante e costosissima, quanto inutile, prima che inizi il cantiere vero di quella che sarebbe destinata a diventare la Salerno – Reggio Calabria del nuovo millennio.

lunedì 29 marzo 2010

CI HANNO CONVINTI A NON VOTARE


Marco Cedolin
Non possono esistere dubbi sul fatto che il dato più emblematico uscito (o sarebbe meglio dire mai entrato) dalle urne di queste elezioni regionali di marzo 2010 sia costituito dai quasi 3 milioni e mezzo in più di cittadini che non si sono recati a votare, portando il “partito” dell’astensione a sfiorare il 37%, diventando di fatto il maggiore partito del Paese. Un incremento nell’ordine dell’8%, con punte fra il 14%, il 12% e il 10% in Puglia, Lazio e Toscana, che qualifica il partito del non voto come l’unico reale vincitore di questa tornata elettorale.

Una vittoria, quella del non voto, determinata da una campagna elettorale sincopata, nevrotica al limite del parossismo, giocata esclusivamente intorno allo screditamento dell’avversario, totalmente priva di qualsiasi abbozzo di programma credibile.
Una campagna elettorale nel corso della quale i problemi reali del paese, che si chiamano crisi occupazionale, disastro economico, crollo del potere di acquisto delle famiglie, inquinamento del territorio, sono stati lasciati a margine da parte delle due coalizioni impegnate a contendersi il governo delle regioni.
Una campagna elettorale imperniata sulla violenza verbale dispensata a piene mani, vissuta fra litigi ed animosità al limite dello scontro fisico, sempre incentrati su differenze artificiali e prive di fondamento, utilizzati per nascondere l’assoluta mancanza di differenze reali fra i due poli che si contendono il governo regionale.

Un italiano su tre ha dunque preferito non recarsi a votare nonostante (o forse anche a causa) la quantità industriale di materiale pubblicitario che ha riempito le buche delle lettere, l’ossessiva tempesta delle telefonate a domicilio, la massa dei manifesti ad abbruttire i muri delle città, la marea di “santini” con faccioni sorridenti e cravatte multicolori. Tutto materiale che a dispetto degli sforzi esperiti dagli esperti del marketing è apparso intriso di un vuoto cosmico, tanto era infarcito di slogan demagogici che sarebbero parsi artificiosi anche agli occhi di un bambino di 5 anni e miravano unicamente a fare leva sulla tanto stantia quanto ormai sempre più improponibile scelta di campo fra destra e sinistra.

Anche in Italia, come nella maggior parte dei paesi occidentali, la distanza fra i partiti politici ed i cittadini continua perciò a farsi sempre più siderale, dimostrando in maniera inequivocabile l’inadeguatezza di un sistema come quello della democrazia rappresentativa, soprattutto qualora gestito in termini di bipolarismo. Anche il clima da “guerra civile” creato nell’occasione e gli “epici” inviti a scelte di campo presentate come decisive, non sembrano avere sortito l’effetto voluto.
I cittadini stanno continuando ad allontanarsi ed i partiti politici parlano ogni giorno di più un linguaggio alieno a chi vive e soffre nel paese reale, un linguaggio autoreferenziale che ben presto rischierà di trasformarsi in una lingua morta.
Per quanto riguarda i risultati elettorali non sono mancate le sorprese e neppure gli elementi che meritano di diventare oggetto di riflessione.

Il centrosinistra, nonostante l’operato del governo Berlusconi non sia stato fin qui entusiasmante, ha nuovamente subito una sconfitta cocente. Se la perdita di regioni come la Calabria, la Campania ed il Lazio può trovare la spiegazione all’interno degli scandali di varia natura che hanno caratterizzato le amministrazioni esistenti, ben più grave appare la debacle in Piemonte. Dove Mercedes Bresso si è vista costretta a cedere il passo a Cota, nonostante fosse riuscita ad incamerare nella propria coalizione tanto l’UDC di Casini quanto la Federazione della sinistra radicale. E’ indicativo il fatto che l’unica regione “a rischio” nella quale il centrosinistra ottiene un risultato positivo sia proprio quella Puglia dove Nichi Vendola ha difeso con i denti la propria candidatura, imponendo una lista più “di sinistra” rispetto al listone in alleanza con l’UDC che era stato imposto da D’Alema

Le liste 5 stelle di Beppe Grillo hanno ottenuto nel complesso risultati di tutto rilievo, fra i quali spiccano Giovanni Favia in Emilia Romagna che ha ottenuto il 7% e Davide Bono in Piemonte che arriva a superare il 4%, a dimostrazione del fatto che esiste senza dubbio ampio spazio di manovra per chi intenda costruire delle alternative ai partiti politici tradizionali.

L’inesorabile continua discesa del centrosinistra, laddove questo non riesce a proporsi come concreto elemento di alternativa, ma semplicemente come una fotocopia sbiadita di Berlusconi, unitamente al buon risultato delle liste che fanno riferimento a Beppe Grillo e al grande incremento dell’astensione, stanno a dimostrare in maniera inequivocabile tanto il “bisogno” di alternative concrete da parte dell’elettorato, quanto la palese incapacità di esprimere le stesse espresse dal sistema dei partiti. Proprio questo bisogno di alternative concrete, pensiamo possa considerarsi la vera novità di questa tornata elettorale. Una novità destinata naturalmente ad essere sottaciuta, tanto dal sistema dei partiti ormai incancrenito nella spartizione del potere, quanto dai media mainstream che di quel potere rappresentano uno degli elementi cardine.

venerdì 26 marzo 2010

Lettera dall'Osservatorio Militare

In ossequio alla volontà del Maresciallo Domenico Leggiero, presidente dell’Osservatorio Militare Italiano, chiedo sia pubblicato lo scritto che segue in risposta alle esternazioni stravaganti della signora Valeria Rossi sui blog Il Ponente e Byoblu.

Stefano Montanari

LETTERA APERTA ALLA DOTTORESSA VALERIA ROSSI
Firenze, 25 marzo 2010

Gentile Dottoressa, non è la prima volta che associa il nome del sottoscritto ad articoli che attaccano palesemente due scienziati che oltre a collaborare con l’Osservatorio da qualche decennio hanno avuto il grande merito di essere protagonisti nella soluzione del caso uranio impoverito.Nell’ultima “uscita” mi attribuisce la definizione di “fotografi” rivolta ai due scienziati in questione Dottoressa Gatti e Dottor Montanari della Nanodiagnostics di Modena.
Detta in questo modo, oltre ad offendere due professionisti a cui sono legato non solo da profonda amicizia ma da stima professionale inattaccabile anche da giornalisti navigati come Lei, potrebbe essere male interpretata da chi, non a conoscenza della materia, limiterebbe l’opera straordinaria fino ad ora svolta a favore di ragazzi che soffrono o di famigliari che hanno perso congiunti a causa di patologie legate all’uranio impoverito.

Dire che il Dott. Montanari e la Dottoressa Gatti hanno “fotografato” le prove della relazione tra patologia e malattia non vuol dire che gli stessi sono “fotografi” (senza nulla togliere alla categoria).

In ogni caso, gentile Dottoressa Rossi, non tiri il sottoscritto ed il centro studi Osservatorio Militare per la giacchetta cercando di “interpretare” motu proprio delle parole senza contestualizzarle e dare loro il senso giusto.
Sono certo che la Sua alta professionalità (non posso metterla in dubbio non fosse altro perché faccio tutt’altro mestiere) non le faccia esprimere “giudizi” sulla professionalità di altri individui impegnati in altri settori diversi dal suo.Le sarei molto grato se riportasse le mie affermazioni nel modo più corretto possibile senza estrapolare parole o frasi che possono prestarsi ad equivoci che non mi/ci appartengono.

Al Dott. Montanari ed alla Dottoressa Gatti va tutta la mia/nostra stima e gratitudine per l’opera fin d’ora svolta, la nostra piena solidarietà per la disavventura che stanno vivendo a causa delle solite storture di strutture distorte al servizio di un sistema del quale, ci consenta, non ne vogliamo far parte.
Tanto è dovuto, con cordialità.

DOMENICO LEGGIERO


Come richiestoci dalla Sig.ra Valeria Rossi, pubblichiamo la sua risposta alla lettera dell'Osservatorio Militare di cui sopra.

Gent.mo Maresciallo,La ringrazio per non aver messo in dubbio la mia professionalità: io sono però costretta a mettere in dubbio la Sua memoria.La frase “Montanari per noi è un fotografo” me l’ha detta Lei, personalmente, al telefono, ed è stata riportata il giorno dopo nell’articolo che può ancora trovare online a questo indirizzo: questo indirizzo. Pubblicato in data 25 settembre u.s.Ovviamente c’era un contesto preciso e, come potrà notare, è anche specificato che la frase era stata detta “scherzosamente” (anche se non so quanto fosse scherzosa in realtà: ma non volevo approfittare della Sua gentilezza per far sembrare che Lei intendesse svilire il lavoro del dottore che mi risultava, già allora, Suo amico). Detto questo, di sicuro non sono scherzosi i fatti. E i fatti sono – mi corregga se sbaglio – che oggi come oggi, ai militari purtroppo colpiti da patologie relative all’uranio impoverito, serve esclusivamente qualcuno in grado di fare fotografie al microscopio elettronico, perché la legge sui risarcimenti ormai c’è e quindi non c’è bisogno di ulteriori studi in merito.
Lei rammenta di avermi detto al telefono queste precise parole? Mi auguro di sì. Per questo io ho citato in alcune occasioni la Sua frase relativa al compito di “fotografo” del dottor Montanari: solo perché lui continua a tirare in ballo la storia dei “poveri soldati che senza di lui non potranno più avere risarcimenti”: e questo è falso, visto che non mi risulta – e Lei me l’ha confermato – che ci siano particolari accordi che obbligano i militari a far effettuare le fotografie da Montanari o dalla Nanodiagnostics.Il dottor Montanari strumentalizza i soldati – per i quali io nutro il massimo rispetto – così come strumentalizza i bambini malati e tutto ciò che può tornare utile alla propria causa: e quando qualcuno mi chiede di rispondere su questo tema, non posso che rispondere con la verità. I soldati OGGI non hanno bisogno di “lui” , hanno bisogno di un ESEM: e questo indipendentemente da quanto gli studi precedenti della dottoressa Gatti possano aver inciso sull’ottenimento dell’attuale legge. Questo è quanto Lei mi ha spiegato, in modo anche piuttosto approfondito: e questo è il motivo per cui è saltata fuori la definizione di “fotografo”, che ho sempre e solo usato in questo preciso contesto e non certo per sminuirlo tout court. Anche perché, volendo, per far questo ho ben altre argomentazioni.La invito caldamente – o forse sarebbe più corretto dire che la “sfido” proprio – a leggere l’articolo sopracitato e a smentire (anche se non è molto normale che questo avvenga con tanti mesi di ritardo, visto che l’avevo avvertita dell’immediata pubblicazione dell’intervista telefonica) qualsiasi singola parola che Lei dovesse trovare e che non fosse uscita in quel preciso modo dalle Sue labbra.Se Lei può affermare che ho travisato, o scritto in modo scorretto, o male interpretato anche UNA sua singola parola, Le chiedo fin d’ora venia e sono disposta a farlo anche pubblicamente: in caso contrario, però, mi sentirei ancora autorizzata a citare le Sue parole in qualsiasi mio intervento… e parlo di interventi che tra l’altro, nella quasi totalità dei casi, vengono “tirati per la giacchetta” da altre persone, visto che quello che avevo da dire sul dottor Montanari io l’ho ampiamente detto da tempo e che preferirei non occuparmi più di lui, complice anche la sua spiccata attitudine a ricorrere a un pesante sarcasmo, se non direttamente all’insulto, ogni volta che parla della sottoscritta (recentemente che mi ha chiamato in causa sul suo blog definendomi “una gallina”, mentre è di oggi una penosa metafora che mi definisce un’oca, stavolta in compagnia della dottoresse Bortolani, Sammartino e Toni).
Ho usato il condizionale – “mi sentirei” autorizzata – perché, ovviamente, se la Sua amicizia verso Montanari rappresentasse un legame così intenso da procurarle un dispiacere nel caso in cui utilizzi una Sua affermazione (anche se rigorosamente LETTERALE e non “travisata” in alcun modo) in un articolo o in una risposta che non osannino il dottore… allora sarebbe sufficiente chiedermelo ed eviterei di farlo, visto che Lei, almeno per quanto mi risulta, è persona degna di stima e di rispetto.
Mi perdoni se proverò un po’ di compassione per cotanta amicizia che a mio avviso Lei riversa su persona che non lo merita affatto; ma se me lo chiede rispetterò il Suo desiderio, purché sia specificato chiaramente che di questo si tratta e non del mio ipotetico uso arbitrario di frasi che mi sono state dette da Lei. In altre parole: sono dispostissima a rivolgerLe una gentilezza: non lo sono altrettanto – anzi, non lo sono affatto – a vedere messa in dubbio la mia onestà intellettuale.
CordialmenteValeria Rossi

mercoledì 24 marzo 2010

ARRIVA LA BOLKESTEIN


Marco Cedolin
La direttiva Bolkeistein fece parlare molto di sé durante le fasi della propria gestazione, per poi restare relegata in una sorta di limbo dopo l’approvazione avvenuta nel novembre 2006, in attesa che i vari stati europei procedessero alla sua ratifica che doveva avvenire entro la fine del 2009.

Ora che il governo ha firmato il decreto con cui l’Italia recepisce la direttiva Bolkestein, in un’omertà mediatica pressoché totale, essendo i media mainstream impegnati a seguire le dispute elettorali ed i miracoli con i quali si cimenta il premio Nobel Obama, qualcuno sembra iniziare a prendere coscienza del fatto che esiste un grande problema.

I primi sono i venditori ambulanti che dopo avere realizzato le conseguenze potenzialmente catastrofiche implicite nella nuova direttiva, hanno effettuato nella giornata di ieri a Torino una serrata dei mercati, cui è seguita una manifestazione forte di migliaia di persone che attraversando il centro è giunta in Piazza Castello davanti alla Prefettura.

Con l’introduzione della Bolkestein infatti le licenze dei banchi al mercato (6500 nella sola città di Torino) non saranno più esclusivo appannaggio delle imprese famigliari, come accade oggi, ma diventeranno disponibili anche per gli interessi delle s.p.a. e delle S.r.l. aprendo di fatto il mondo dei mercati rionali ai colossi della grande distribuzione. Con il rischio concreto della costruzione di veri e propri monopoli o cartelli, così come accaduto con l’eutanasia dei piccoli negozi a conduzione famigliare, mettendo a repentaglio decine di migliaia di posti di lavoro in tutta Italia.

Nonostante il recepimento della direttiva sia passato sotto silenzio e anche la serrata di ieri a Torino sia stata documentata solamente nelle cronache locali, a dispetto della grande partecipazione, possiamo affermare con certezza che della direttiva Bolkestein si tornerà a parlare molto presto, dal momento che le sue ricadute saranno in grado di produrre sconquassi di notevoli dimensioni in moltissimi settori che vanno dal commercio ai servizi.
Sconquassi di cui la politica, colpevolmente appiattita sugli interessi dell'Europa dei banchieri, sarà a breve chiamata a rispondere di fronte a lavoratori e cittadini.

martedì 23 marzo 2010

BRESSO: "MUOIA SIGNORA"


Marco Cedolin
Le elezioni politiche agitano gli animi di questa ultima settimana di campagna elettorale. I candidati si accapigliano fra loro, la macchina dei “santini”, delle pubblicità stipate nelle buche delle lettere e dei manifesti con i faccioni sorridenti conditi di promesse da marinaio, viaggia a pieno regime. Sale la tensione fra coloro che si contendono le poltrone che contano e valgono molti quattrini, nonché grandi fette di potere.

In questa atmosfera può essere inquadrata la visita di Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte nella città di Avigliana, alle porte della Val di Susa ed il suo imbarazzante incontro (che la medesima ha tentato in tutti i modi di evitare) con un gruppo di cittadini, documentato in maniera esauriente con tanto di filmato.
Trovatasi di fronte ai cittadini (molti dei quali dichiarano di averla votata nella scorsa tornata elettorale) che le domandano di motivare il suo consenso nei confronti dell’alta velocità la Bresso sbanda paurosamente non sapendo letteralmente che pesci prendere.

Si nasconde dietro l’Europa, attribuendo ad essa la decisione di costruire il TAV in Val di Susa. Ma le viene fatto educatamente notare che l’Europa nel Libro Bianco di trasporti del 2001 non fa menzione alcuna dell’alta velocità.

Finge di essere affetta da una qualche forma di sordità incipiente, ignorando completamente tutti gli appunti tecnici che le vengono rivolti in merito all’argomento.

Si trincera dietro le decisioni prese dall’Osservatorio Virano e quando le viene fatto notare che tali decisioni non sono state condivise dai cittadini e neppure da molti dei comuni interessati tace, ma inizia ad irritarsi e lo sguardo lancia lampi di odio.

Alla fine perde completamente le staffe dinanzi ad una sua elettrice di 82 anni che dichiara di non voler morire sapendo di lasciare una Valle che grazie a lei verrà devastata, ed ostentando molta educazione ed altrettanta sensibilità le risponde “Muoia signora”.

Il dramma non è costituito dalla sfrontatezza con cui personaggi come Mercedes Bresso ritengono lecito rapportarsi con i cittadini, insultandoli, prima portando argomentazioni assolutamente prive di senso, poi ignorando con supponenza le domande, infine augurandogli di ricongiungersi al più presto con il creatore.
Il dramma è costituito dal fatto che fra qualche giorno la maggior parte dei cittadini si recherà alle urne e delegherà personaggi come Mercedes Bresso a decidere sulla vita e “la morte” dell’intera popolazione, senza neppure avere mai visto siparietti come quello documentato nel filmato che meriterebbero di essere portati alla conoscenza di tutti.

domenica 21 marzo 2010

THAT'S AMORE


Marco Cedolin
Buona la prima, ma molto meno la seconda, verrebbe da pensare guardando la grande manifestazione a Roma organizzata ieri dal Popolo della libertà di governo, che fa il paio con quella del 2006, quando Berlusconi era all’opposizione e riusciva disinvoltamente a cavalcare il malcontento generalizzato nei confronti del governo di Romano Prodi.

Troppe le note stonate, ad iniziare dall’improbabile "complotto" per impedire agli elettori di centrodestra di votare, preso come spunto per indire la kermesse.
Dal leift motiv “l’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio” ripetuto come un mantra fino allo sfinimento, nonostante la mise di “partito dell’amore” si addica davvero poco alla baliosa coalizione capeggiata da Berlusconi e alla politica italiana più in generale.
Dai numeri, 150.000 persone secondo la questura, 1 milione a parere degli organizzatori, impietosamente modesti se confrontati con l’adunata del 2006 e visibilmente apprezzabili osservando la panoramica della piazza.
Dalle cadute di stile di pessimo gusto. Se le “mortadelle” e le foto di Padoa Schioppa con i denti da vampiro strappavano sorrisi e simpatia non si può dire certo la stessa cosa del viso di Paolo Borsellino inserito vigliaccamente nei tarocchi o del fotomontaggio che sovrappone il faccione di Marrazzo sul busto di Emma Bonino.

Dall’uso smodato del tricolore e dell’inno di Mameli (ma la Lega non li contesta da sempre in maniera veemente?) conditi da slogan stantii indirizzati contro l’opposizione, ormai allargatasi a chiunque non sia disposto a “santificare” Berlusconi come emissario della divina provvidenza.
Dai siparietti collocati a metà fra gli show della politica americana e le riunioni del multivel –marketing, nel corso dei quali gli aspiranti governatori (Polverini in testa) ballano e cantano sulle notte di canzonette assortite e poi pronunciano in coro (mentre a molti di loro scappa da ridere) un improbabile giuramento di fedeltà al leader maximo Silvio Berlusconi e al partito. Ma l’avete mai visto voi un politico di oggi che disubbidisce agli ordini impartiti dalla segretaria del partito? Gli ultimi credo siano stati i senatori Rossi e Turigliatto e ricordiamo bene come andò a finire.

Per finire con lo sterile discorso di Berlusconi, che anziché di politica parla d’amore, raccontando che tutti lo odiano perché sono invidiosi, comunisti e nemici dell’Italia. Quell’Italia che è ormai un marchio depositato e registrato a suo nome, come accaduto con il nome di “Cota” in Piemonte.

Raccontando che è stato ordito un complotto (costituito in tutta evidenza dalle regole elettorali che tutti sono tenuti a rispettare) per impedire agli elettori del PDL di esprimere il proprio diritto al voto, mentre i milioni di italiani che non possono realmente votare i propri partiti di riferimento, grazie a imposizioni di firme e sbarramenti assortiti, allignano purtroppo altrove.
E con le violente polemiche all’indirizzo della questura, rea (solo in questo caso beninteso) secondo gli organizzatori di avere limato al ribasso i numeri di una manifestazione che oggettivamente proprio oceanica non è stata.

Affanno, molto affanno e almeno altrettanto imbarazzo da parte di un governo in difficoltà, sono le sensazioni che maggiormente traspaiono ad un’osservazione disincantata della kermesse di ieri. Molto più affanno di quanto la logica vorrebbe, dal momento che la mancanza assoluta di un’opposizione credibile porta a pensare che tricolori, aspiranti governatori che scambiano la campagna elettorale per il palco di “Amici” e fautori dell’amore fraterno che più fraterno non si può, calcheranno le scene da protagonisti ancora per molti anni.
Semmai, a volere scavare un poco più in profondità alla ricerca dei motivi di tanto affanno, si può prendere spunto da dissidi e scenate di gelosia che covano sotto la cenere nel partito dell’amore, dove Gianfranco Fini (ieri assente) pervaso da invidia e odio, potrebbe rompere l’idillio e pretendere il divorzio. Anche i grandi amori spesso finiscono ed il confine fra amore ed odio risulta quanto di più labile possa esistere, soprattutto quando intorno all’amore si ha perfino la pretesa di costruire un partito.

venerdì 19 marzo 2010

Problemi "casuali" al sito di Stefano Montanari


Il dott. Montanari ci aggiorna in merito allo stato del suo sito , al quale attualmente è impedito l’accesso da un messaggio che lo segnala come sito malevolo. Per visionarlo comunque occorre cliccare sulla piccola scritta in fondo a destra “ignora questo avviso”.
Ci auguriamo naturalmente che il problema possa essere risolto al più presto, dal momento che in rete c’è estremo bisogno della voce di persone competenti come lui che non sono avvezze a piegarsi a compromessi anche quando sono costrette a pagare dazio in prima persona.
Marco Cedolin
No: tutti innocenti. Sono stati nient’altro che un amletico sasso e un altrettanto amletico dardo di una fortuna oltraggiosa a bloccare il sito proprio laddove, senza accorgermi del guaio che stavo facendo, davo la mia truce opinione sui filtri antiparticolato. A volte la casualità…

Adesso esiste una sorta di sito provvisorio che, spero, se il caso non mi sarà ancora avverso, farà le veci di quello vero fino a che Luca Pedonese, l’eroico costruttore di www.stefanomontanari.net non avrà finito la sua operazione di pulizia e ricostruzione. Purtroppo non posso scriverci, ma, intanto, è meglio di niente.

Il sito, comunque, è pulito a dispetto di quello che fa apparire Google quando si cerca “Stefano Montanari” e compare il link a questo blog.

Intanto, un grazie ai tanti siti che mi stanno ospitando, da quelli di Marco Cedolin a Terranauta, da Byoblu ad Aurora, da Avanguardie a tutti quelli che lo fanno a mia insaputa. Non so se ce la faremo, ma , almeno, noi ci proviamo.

Stefano Montanari

giovedì 18 marzo 2010

INFORMAZIONE LIBERA?


Marco Cedolin
Una nota del Gruppo Rizzoli Corriere Della Sera ha oggi comunicato l’ingresso nel Consiglio di amministrazione del gruppo, di Giovanni Bazoli, Luca Cordero di Montezemolo, Diego Della Valle, Cesare Geronzi, Antonello Perricone, Giampiero Pesenti e Marco Tronchetti Provera.

Giovanni Bazoli, attualmente presidente del Consiglio di sorveglianza della banca Intesa San Paolo e presidente della finanziaria Mittel è un banchiere italiano di primaria importanza con alle spalle una lunga tradizione politica, già personaggio di spicco nelle vicende del Banco Ambrosiano ai tempi dello scandalo Calvi.

Luca Cordero di Montezemolo, presidente della FIAT e della Ferrari, della NTV che utilizzerà le neonate tratte per i treni ad alta velocità e dell’Università Luiss, nonché consigliere d’amministrazione del quotidiano La Stampa, fondatore del think tank Italia Futura ed indimenticato ex presidente di Confindustria, non ha certo bisogno di presentazioni.

Diego Della Valle, patron della Tod’s e cofondatore di NTV insieme a Montezemolo, più che di scarpe nella sua carriera si è sempre occupato di banche ed assicurazioni, arrivando a possedere partecipazioni rilevanti e ruoli di prestigio in seno a banca Comit, alla BNL, al gruppo Generali.

Cesare Geronzi vanta un curriculum degno di un thriller finanziario, tanti sono stati gli istituiti bancari di cui nel corso della vita è stato responsabile e gli scandali finanziari all’interno dei quali è incespicato per poi sempre rialzarsi più in forma di prima. Dal Banco di Napoli al Banco di Santo Spirito, dalla Banca di Roma, a Capitalia, fino a Mediobanca. Oltre ad essere, attraverso gli istituti di credito da lui presieduti, fra i maggiori finanziatori dei prestiti allo Stato per la costruzione dell’alta velocità, ha sempre mostrato grande interesse per l’informazione. Il Tempo, L’Unità, il Manifesto e Tele Montecarlo, sono solo alcuni dei media oggetto di sue importanti partecipazioni.

Antonello Perricone, attuale amministratore delegato di RCS ha un passato come ad, della Stampa e presidente della Publikompass, concessionaria di pubblicità del gruppo Fiat.

Giampiero Pesenti è il presidente di Italcementi, il più grande gruppo italiano nella produzione di cemento, al centro di scandali ed inchieste di ogni tipo che nel gennaio 2008 comportarono l’arresto per truffa dell’allora ad del gruppo Mario Colombini e successivamente indusse la Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta ad indagare Carlo Pesenti (padre di Giampiero) per concorso in riciclaggio, impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, aggravati dall'avere avvantaggiato la mafia. Nonché consigliere d’amministrazione di Mediobanca, Unicredit e Rcs MediaGroup.

Marco Tronchetti Provera è da decenni alla guida del gruppo Pirelli, leader più che dei pneumatici del mercato immobiliare, oltre ad essere stato manager Telecom e azionista di riferimento in Olivetti. E’ Vice Presidente di Mediobanca e membro dell’Esecutivo di Confindustria, oltre a presenziare nel consiglio direttivo di JP Morgan, vantare interessenze in un fondo sovrano libico e far parte del gruppo italiano della Trilateral Commission.

RCS Mediagroup è il primo gruppo editoriale italiano che gestisce quotidiani, periodici, libri, pubblicità, agenzie giornalistiche, circuiti di radio locali e naturalmente informazione sul web. All’interno del suo azionariato, oltre ai personaggi sopraccitati possiamo trovare tutto il gotha dell’imprenditoria finanziaria ed industriale italiana, da Benetton a Mediobanca, dalla FIAT al gruppo Ligresti, da Intesa San Paolo a Banca IMI, da UBS al gruppo Merloni.

I maggiori gruppi bancari ed assicurativi, i maggiori produttori di cemento ed i maggiori cementificatori, i maggiori gruppi industriali ed i maggiori speculatori finanziari potranno mai produrre corretta e libera informazione?

Potranno mai raccontare che il TAV è una truffa, gli inceneritori avvelenano i cittadini, le “riforme” tanto auspicate rappresentano in realtà l’annientamento di ogni forma di stato sociale, le missioni di guerra servono unicamente ad incrementare i loro profitti, la mafia non è altro che un buon alleato con il quale fare ottimi affari, la politica è un circo equestre dove allevare “camerieri” di alto rango e l’informazione una sequela di slogan e bugie condite da promozioni pubblicitarie e partorite con il solo scopo di gestire l’orientamento del pensiero a favore di chi specula sulla finanza e sulle persone, cementifica, inquina, bombarda e annienta ogni sorta di diritti del cittadino per massimizzare il proprio profitto?
No, non possono, né potranno mai e proprio da questo torbido e perverso groviglio di poteri e conflitti d’interesse l’informazione è stata strangolata da tempo fino a defungere, anche se troppo spesso continuiamo a far finta che ciò non sia accaduto.

mercoledì 17 marzo 2010

IL PEGGIOR NEMICO DEL CANE


Marco Cedolin
Durante tutto il corso della storia l'uso degli animali nell'ambito dell'esercito è sempre stato molto diffuso. Basti pensare al cavallo, per millenni unico mezzo di locomozione per soldati e civili, agli elefanti di Annibale, ai muli degli alpini, ma anche ai piccioni viaggiatori ed ai cammelli.
Molto spesso gli animali sono stati considerati alla stessa stregua di oggetti inanimati, nulla più di un carretto o di un trabucco, più raramente veri e propri soldati (sia pur di rango inferiore) inseriti a tutti gli effetti nell'esercito.
Da sempre gli animali (soldati per forza) si sono trovati loro malgrado a condividere le stesse sorti dei militari, falciati in battaglia dal fuoco o dalle frecce nemiche, ammazzati dal freddo o dalla fame, massacrati dalle esplosioni o dalla fatica.

Ai nostri giorni le truppe si muovono sui mezzi corazzati e sugli aerei, le comunicazioni sfruttano i sistemi satellitari e perfino gli eserciti che operano nelle zone impervie di montagna hanno pensionato i muli a favore di motoslitte ed elicotteri assai più performanti di quanto non lo fossero le creature a quattro zampe.

Verrebbe quasi voglia di dire che una volta tanto l'innovazione tecnologica ed il progresso (sia pur nell'ambito dello sterminio di massa) abbiano portato ad un risultato positivo. Oggi finalmente ci ammazziamo fra di noi, senza coinvolgere nel massacro creature la cui sola colpa è quella di servirci fedelmente, fatta eccezione naturalmente per quelle migliaia di animali che sistematicamente vengono dilaniati e bruciati insieme alle donne ed ai bambini, durante i bombardamenti, il lancio del fosforo bianco e del napalm, o saltano sulle mine disseminate a pioggia in alcune regioni, quasi si trattasse di coltivazioni biologiche.

Purtroppo invece occorre constatare come nemmeno in termini di salvaguardia dei diritti degli animali, l'innovazione sia riuscita a produrre qualcosa di positivo. Al contrario, come si può leggere in un articolo presente su Corriere della Sera, dai toni vagamente divertiti e trionfalistici, gli animali negli eserciti ci sono e ci saranno ancora, ma il loro ruolo è radicalmente cambiato.
Non più un ruolo passivo di trasporto truppe e attrezzature o la comunicazione, bensì un ruolo attivo (da vero soldato) che spazia dalla ricognizione alla ricerca delle mine, fino al vero e proprio assalto fisico nei confronti del nemico.

I cani in forza negli eserciti moderni, nell'articolo si fa riferimento a quello della Nato e ad Israele, fanno i paracadusti insieme agli altri soldati, assurgono al ruolo di "scudo canino" ispezionando le aree a rischio con una telecamera montata sulle spalle (avendo costi di sostituzione molto più bassi di un drone) e affrontano i nemici (naturalmente pericolosi terroristi) con il solo ausilio dei propri denti, quando necessario. Vengono considerati estremamente utili e “spesso più efficaci delle macchine nei combattimenti all’interno dei centri urbani”, nonché “molto utili anche nelle ricognizioni dentro i tunnel e bunker costruiti da formazioni armate”.
Così utili da rivelarsi per molti eserciti un vero e proprio fiore all’occhiello e da meritarsi un vero e proprio cimitero per eroi canini di guerra, a loro dedicato nei dintorni di Tel Aviv. Ed “eroi” ci diventano davvero molto spesso, poiché vuoi per il loro ruolo di scudi, vuoi per il grado di fedeltà estremamente più alto rispetto a quello del soldato medio, vuoi per il fatto che trovandosi accanto a soldati umani e armamenti costosissimi si palesano come i soggetti maggiormente sacrificabili, fra i militari a quattro zampe la percentuale di mortalità risulta altissima.
Cani marines o carne da macello, fate un pò voi, che oltre ad entusiasmare qualche giornalista dimostrano inequivocabilmente come nell'era "del progresso" il livello culturale e la sensibilità della razza umana sia in grado solo di regredire, rendendo l'uomo il peggior nemico del cane. Un nemico dal quale purtroppo queste povere e sincere creature non sono in grado di difendersi.

martedì 16 marzo 2010

FILTRI ANTIPARTICOLATO: L'ESEMPIO DELLA LOMBARDIA


Marco Cedolin
Pubblichiamo questo interessante articolo del dott. Stefano Montanari di cui consigliamo caldamente un'attenta lettura.
La questione dei filtri antiparticolato, sponsorizzati da amministrazioni e alcune associazioni ambientaliste come prodotti a protezione dell'ambiente, mentre al contrario si manifestano come innovazioni peggiorative dal punto di vista dello stato dell'inquinamento dell'aria e del suo grado di pericolosità, è una cartina di tornasole utile a comprendere come sistematicamente il problema "ambiente viene artatamente strumentalizzato da industria e politica, al fine di perseguire unicamente obiettivi di facile popolarità e altrettanto facili profitti.
Domeniche "ecologiche"da campagna elettorale, filtri antiparticolato dannosi anzichè utili, costruiti da colossi privati quali Pirelli Ambiente Eco Tecnology, Dinex Italia, Ofira Italiana e sponsorizzati nelle campagne di Legambiente, treni ad alta velocità spacciati per attori di un millantato riequilibrio modale, sono solo alcune delle "favole" che la disinformazione mediatica dispensa generosamente nel tentativo di cavalcare la sensibilità ambientale dei cittadini.
Un grazie sentito a chi, come Stefano, attraverso la propria competenza tenta di ristabilire la corretta informazione, benchè osteggiato da tutti quei poteri forti per cui il verde si limita ad una mano di vernice da spalmare sopra la ruggine.


Stefano Montanari
Sembra impossibile a chi abbia qualche nozione scientifica, ma i filtri antiparticolato sono diventati obbligatori. Questo, per ora, limitatamente alla Lombardia, ma quando un’infezione si manifesta e niente, nemmeno l’omeostasi, cioè la capacità naturale dell’organismo di riportarsi in stato di salute, la combatte, è inevitabile arrivare ad una setticemia che, vista la mancanza di reazione, si rivelerà mortale.
Detto così, sembrerebbe una battuta adattata da un medico del teatro di Molière, e invece è una delle troppe poco allegre verità del 2010.Una volta per tutte, vorrei chiarire finalmente la questione, visto che continuo a ricevere sollecitazioni.
Come ho scritto ormai fino allo sfinimento e come ho spiegato nei particolari nel mio libro Il Girone delle Polveri Sottili, l’inquinamento dapolveri viene valutato legalmente, seppure senza basi scientifiche, per via gravimetrica, vale a dire, semplificando un po’, pesando quanta polvere di diametro uguale o inferiore a 10 micron (per le PM10) oppure uguale o inferiore a due micron e mezzo (per le PM2,5) sta in un metro cubo d’aria. Esistono valori stabiliti per legge che non devono essere superati, valori che, peraltro, ancora una volta non hanno significato dal punto di vista scientifico, ma un numero bisognava pur darlo ai magistrati.
E se li si superano? Beh, in pratica non succede niente, perché la cosa è talmente diffusa da ricadere nel mal comune mezzo gaudio. Però, se mai diventassimo un paese serio, potrebbero esserci sanzioni per i comuni nel caso in cui lo sforamento dovesse avvenire.E, allora, che si fa? Invece di combattere l’inquinamento s’imbrogliano le macchinette che quell’inquinamento dovrebbero rilevare, e vissero (?) tutti felici e contenti.Nei fatti, dalla camera di scoppio dei motori Diesel escono polveri carboniose relativamente grossolane. Queste vengono catturate dai filtri antiparticolato sistemati lungo il tubo di scarico e la cosa va avanti fino a che il filtro non è intasato, cosa che accade ogni poche centinaia di chilometri.
A questo punto, o si toglie quella roba o la macchina si ferma e non riparte.L’ideatore del sistema - e dopo l’invenzione originale di oltre 10 anni fa d’ideatori ce n’è stato più d’uno – ha previsto che, quando l’automobile non circola in città, avvenga una combustione dei residui carboniosi contenuti nel filtro e quella roba finisca in atmosfera ossidata in CO2 .
Tutto bello? Mica tanto.Per prima cosa è inevitabile osservare come avere un filtro che oppone una contropressione ai gas di scarico - contropressione che aumenta via via che il dispositivo si riempie - non possa che incidere sui consumi di carburante aumentandoli perché aumenta il lavoro compiuto dal propulsore. E, fingendo che la spesa maggiore non sia un problema, resta il fatto che più si consuma, più s’inquina.Poi occorre sapere che nei residui carboniosi sono contenute micro- e nanoparticelle inorganiche. Senza filtro, queste resterebbero inglobate nel carbone, ma, con il filtro che brucia il carbone, quelle particelle finiranno inevitabilmente in atmosfera. E chi non conosce l’effetto delle micro- e nanopolveri sulla salute, e in particolare quella dei bambini, può informarsi leggendo i miei libri.
Qual è il trucco per aggirare le centraline di rilevamento delle polveri? Semplice: le macchinette pesano i materiali solidi e basta. Dunque, se io trasformo il carbone (solido) in anidride carbonica (gas), non peserò più niente e il gioco è fatto. Il problema è che la quantità d’inquinanti effettivamente immessa in atmosfera aumenta significativamente perché il carbonio di cui è costituita la particella che viene bruciata ha un peso atomico pari a 12, mentre l’anidride carbonica in cui quel carbonio si è trasformato per combustione, cioè per ossidazione, ha un peso molecolare di 44. Il che comporta una conseguenza ovvia: la sostanza gassosa emessa (inquinante) è 3,66 volte superiore a quella che sarebbe stata senza filtro. Certo, nessuno me ne rende edotto e, come recita il proverbio, occhio non vede, cuore non duole.
Che dire, poi, dell’ossido di cerio (CeO2) o del ferrocene [Fe(C5H5)2 ] usati dai diversi filtri per funzionare? Null’altro che si tratta d’inquinanti che non entrerebbero nell’ambiente se i filtri non esistessero, per il semplice fatto che non sarebbero usati. Perciò, un inquinante in più di cui, magari, non sentivamo il bisogno.
E, dulcis in fundo, a fine vita dell’ingombrante, costosissimo dispositivo (presumibilmente una vita non molto più lunga di 100.000 km), nessuno saprà dove metterlo perché quello non è stato studiato in modo da renderlo riusabile o, comunque, riciclabile.
Un’ultima chicca: quando la spia che segnala l’intasamento si accende, chi viaggia prevalentemente in città come spesso avviene soprattutto nelle metropoli ha due opzioni: una è andare in officina ad effettuare la “rigenerazione” (soldi, tempo e inquinanti che da qualche parte devono pure andare) e l’altra è di fare una bella corsa a tutta velocità in autostrada schizzando anidride carbonica e micro- e nanopolveri più gli additivi nell’ambiente.Grazie, Lombardia: l’importante era dare l’esempio.