sabato 12 giugno 2010

Il Ricatto

Marco Cedolin
Nel 1831 il presidente del consiglio francese Casimir Perier ammoniva gli agitatori: "gli operai sappiano che per il loro bene non vi sono altri rimedi che la pazienza e la rassegnazione".

L’Italia è davvero uno strano paese, se è possibile che l’ad della FIAT Sergio Marchionne, a capo di un’industria che da sempre costruisce profitti miliardari finanziandosi attraverso il denaro dei contribuenti, può permettersi il lusso di sostituire il governo ed i sindacati, imponendo pro domo sua, nuove regole in aperto contrasto con la legislazione in atto e con il contratto collettivo nazionale dei lavoratori.
Questo è infatti il senso del ricatto (perché di ricatto si tratta) attraverso il quale Marchionne ha minacciato la chiusura dello stabilimento FIAT di Pomigliano D’Arco, e il conseguente licenziamento dei 5000 lavoratori occupati in quella sede, se i lavoratori stessi non accetteranno di rinunciare ai diritti che la legge vigente attribuisce loro. Ostentando inusitata bonomia, Marchionne si dice disposto a “sacrificarsi”, rinunciando a delocalizzare in Serbia e in Polonia la produzione della merce automobile (destinata nei decenni a venire ad avere sempre meno mercato) e concentrandola invece in Italia, a patto che i lavoratori italiani siano disposti essi stessi a diventare di fatto operai serbi e polacchi.....

Fulcro della nuova manovra messa in piedi dalla FIAT “di governo”, l’imposizione di 80 ore annue di lavoro straordinario pro capite obbligatorie (ma non sarebbe meglio lavorare di meno e lavorare tutti, un po’ come tentano difare alla Volkswagen?), il recupero produttivo delle fermate tecniche, anche se effettuate per causa di forma maggiore, la soppressione del diritto alla retribuzione nei giorni di malattia e del diritto di sciopero. Anche se per mantenere una parvenza di senso del pudore gli ultimi due punti non vengono ovviamente esplicitati letteralmente all’interno delle proposte, ma scientemente celati giocando con il senso della parola "assenteismo".
Di fronte alla “telefonata” che impone le condizioni per il riscatto di 5000 persone, la politica ed il mondo sindacale si manifestano pronti a “pagare” (come sempre con i “soldi” degli altri) ed a genuflettersi dinanzi a cotanta generosità ostentata da Marchionne, uomo disposto a grandi sacrifici per sostenere l’occupazione nel paese. L’unica voce contraria sembra al momento essere quella della FIOM, decisa a non sottoscrivere l’accordo, ma con tutta probabilità anche questa piccola difficoltà verrà presto ripianata, offrendo un “contentino” che non incida sui termini della questione, o più semplicemente facendo finta che la FIOM non esista, così come già è stato fatto con i diritti dei lavoratori italiani.
La ricetta Marchionne, basata sul ricatto occupazionale, è in fondo molto semplice e in sintonia con la crisi economica e finanziaria che (per un strana coincidenza) si rivela perfettamente funzionale a manovre di questo genere. Prima si distrugge il mondo del lavoro, attraverso la disoccupazione e la precarizzazione, poi si passa a riscuotere, imponendo nuove regole che rendono il lavoratore uno schiavo con sempre meno diritti.

5 commenti:

Simone ha detto...

A proposito di "assenteismo" sono rimasto basito quando l'Emma Nazionale ne ha parlato esplicitamente al convegno dei giovani industria[maia]li giocando sul linguaggio. Chi combatte per la propria patria è terrorista, chi difenda la propria tradizione è fondamentalista, chi difende i diritti di lavoratore è assenteista.

L'imposizione dello straordinaio è del resto assolutamente coerente nella strategia del divide-et-impera seguita dal sistema. Facendo lavorare tutti un po' meno si rischia di creare una classe di lavoratori tutto sommato sistemata e con il tempo materiale necessario a fare coesione e organizzarsi come blocco sociale.
Costringendo gli uni a lavorare di più e lasciando gli altri sulla strada si spacca la società inchiodando i primi al alvoro schiavista e condannando i secondi a un'invidiosa disperazione.

marco cedolin ha detto...

Caro Simone,
come giustamente hai colto tu, fra le pieghe del linguaggio si può facilmente leggere il senso delle mistificazioni.
Basta rinchiudere qualsiasi gruppo di persone "scomode" nello stereotipo di un'etichetta con accezione negativa ed il gioco è fatto.

Il resto del tuo commento rappresenta perfettamente la situazione. Il benessere della popolazione non interessa ovviamente un fico secco a lor signori. Quello che interessa è creare una massa di schiavi felice di lavorare in questa condizione e una massa di disoccupati che invidiano gli schiavi, con la speranza un giorno di sostituirsi ad essi.

Luka78 ha detto...

Ormai, qui in Italia, o ci si rende conto del baratro in cui stiamo andando, oppure lasciamo perdere e guardiamo il Mondiale di calcio e discutiamo di esso e degli "azzurri".

Vedo un'accelerazione nel stroncare ciò che era il diritto al lavoro, il diritto dei lavaratori e, in primis, il diritto della persona.
Certamente questa "crisi", per grande "coincidenza" ( ma guarda un po' ), sta facendo da volano in tutte le decisioni che riguardano:
- la libertà d'impresa;
- l'obbligo ad auto-annullarsi come lavoratori pur di lavorare;
- dar la possibilità ad un Marchionne di minacciare chiusure e trasferimenti di fabbriche all'estero se i dipendenti non si prostituiscono alle sue richieste;
- liberalizzazioni qui e là;
- eccetera.

Naturalmente, in certe scelte, vi è anche un secondo fine che è stato ben descritto da Simone.

Sono dell'idea che la cosiddetta "sinistra" sia, in fondo in fondo, contenta di non stare al governo in questa congiuntura storica. Almeno, nell'immaginario collettivo, rimarranno come coloro che non hanno fatto scelte impopolari alla "lacrime e sangue". Potranno perpetuarsi come colore che stanno dalla parte del popolo.

Anonimo ha detto...

In tutta sincerità io non mi dannerei l'anima per il fatto che si chiuda uno stabilimento d'automobili. La cosa che invece mi irrita dal profondo sono gli interventi dei sindacati (specie quelli della CGIL/FIOM), i quali prima organizzavano scioperi ad oltranza per strappare ai "padroni" 20mila lire lorde in più al mese, e poi non hanno fatto una piega quando il potere d'acquisto dei salari si è dimezzato con l'avvento dell'euro. E tanto meno si preoccupano ora del fatto che, con l'immigrazione selvaggia, il potere contrattuale degli italiani (quelli che hanno pagato per anni le loro tessere) si è ridotto a zero. Ormai dovremmo capire tutti quanti che l'industrialismo è in agonia e con esso i sindacati e le lotte operaie.

L'altra brutta faccenda, non meno irritante della precedente, è la lunga storia di elargizioni di denaro pubblico alla FIAT, o comunque al settore dell'auto con le rottamazioni. E ciò è avvenuto da sempre e con tutti gli schieramenti che si sono avvicendati al governo.

Io penso che sia inutile continuare a lamentarci sulla delocalizzazione degli stabilimenti perché, volenti o nolenti, con la globalizzazione si sono messi in concorrenza tra loro i lavoratori di tutto il mondo i quali, anziché "unirsi" contro il "capitale" come sognava Marx, pensano di cavarsela ciascuno per conto proprio. Per le popolazioni dell'Occidente industrializzato è giunta l'ora di elaborare un nuovo modo di vivere, di concepire l'esistenza, cioè una filosofia di vita attraverso la quale i cittadini siano consapevoli che con la continua "crescita" non si potrà andare avanti ancora per molto. Dobbiamo rovesciare la scala dei valori e fare in modo che le automobili, il telefonino, la Tv, ..., non occupino più i primi posti nei nostri desideri, ma gli ultimi. Proviamo un po' a pensare così: se ci impoveriscono portando le produzioni all'estero non avremo più i soldi per comprargliele. Se le auto le producono i serbi o i polacchi gliele vendano pure a loro che noi già posteggiamo in terza fila... E poi chi se ne frega, andremo in bicicletta! Non è facile, ma più si persevera a giocare il loro gioco e peggio sarà per tutti noi.

-- Michele

marco cedolin ha detto...

Ciao Luca,
Dal momento che le partite del mondiale e quelle dell'italia non mi sembrano un granchè parliamo d'altro :-)
L'accelerazione nello stroncare i diritti al lavoro e del lavoro è sicuramente ben visibile. Meno visibile e forse auspicabile è invece almeno l'abbozzo di qualche forma di risposta da parte della "folla" eterogenea di cittadini che dei diritti si vedranno privati.
La cosidetta sinistra sicuramente accetta di buon grado la posizione defilata in cui si trova oggi, meno si diventa impopolari, più facile sarà riciclarsi nel prossimo futuro...

Ciao Michele,
Sono pienamente d'accordo con te sul fatto che non ci sia da rammaricarsi più di tanto per la chiusura di una fabbrica di automobili. Sicuramente è giunto il momento di finirla con la difesa ad oltranza di posti di lavoro destinati comunque all'eutanasia, mutuando tale difesa con qualcosa di costruttivo come la creazione di occupazione in settori che abbiano un futuro. Penso alle energie rinnovabili, alla riqualificazione del territorio, al recupero delle varie forme di autoproduzione, all'artigianato, ma gli esempi potrebbero essere moltissimi.

Per quanto riguarda i sindacati condivido il tuo pensiero. Sono una manica di farabutti che si arricchiscono facendo le zecche sulla pelle dei lavoratori e sarebbe ora d'iniziare a chiamarli con il loro nome.
L'industrialismo e le lotte operaie hanno avuto un senso nel periodo storico in cui erano attuali, oggi rappresentano un capitolo della storia ed occorrono nuove coordinate, nuovi attori e soprattutto nuove prospettive, per evitare di venire fagocitati dalla mafia delle banche e dal disastro della globalizzazione.