Marco Cedolin
In Italia si iniziò a parlare di alta velocità ferroviaria verso la fine degli anni 80, ma solo nel 1991 il progetto TAV prese corpo e si concretizzò definitivamente.
Cirino Pomicino era l’allora Ministro del Bilancio, Bernini quello dei trasporti e Lorenzo Necci l’amministratore delegato delle ferrovie.
TAV s.p.a. nacque il 7 agosto 1991 sotto le mentite spoglie di una società di diritto pubblico/privato, finalizzata a costruire 1000 km di linee ferroviarie per i treni ad alta velocità sulla direttrice Torino – Milano – Roma – Napoli. In verità non esistevano assolutamente privati disposti a rischiare il proprio capitale in un simile progetto infrastrutturale, poiché i privati erano consci del fatto che gli investimenti nelle grandi infrastrutture ben difficilmente riuscivano ad essere remunerativi. La prova più eclatante dello scarso ritorno economico degli investimenti nelle grandi infrastrutture è rappresentata dal tunnel sotto la Manica che pur proponendosi di collegare due metropoli come Parigi e Londra ha finito per rivelarsi un disastro economico per la società costruttrice, la quale è già fallita ben due volte. Lo Stato in realtà garantì il finanziamento del 40% in conto capitale e reperì il restante 60% (quello che avrebbe dovuto essere di competenza dei privati) attraverso prestiti bancari, accollandosi il pagamento degli interessi fino al completamento dell’opera e garantendo in prima persona la restituzione degli stessi. Tutto il rischio d’impresa venne perciò fin dall’inizio trasferito dal privato allo Stato.
Fin dall’inizio fu ritenuto indispensabile il coinvolgimento attivo nel progetto TAV di tutti i poteri forti, al fine di assicurare allo stesso il consenso e le coperture che necessitavano. Operando in questo senso vennero stretti accordi con i maggiori istituti bancari, i principali gruppi industriali e finanziari e le grandi imprese operanti nell’ambito delle costruzioni e dell’armamento ferroviario......