Marco Cedolin
Walter Veltroni nel nuovo programma di governo del PD propone al quinto punto “l’ambientalismo del fare” in contrapposizione a quello che lui chiama “ambientalismo del NO”, dimenticando che esiste un modo solo per difendere l’ambiente nel quale viviamo e consiste nel preservarlo dallo scempio a cui l’uomo lo sottopone giornalmente attraverso le proprie azioni. Veltroni propone valutazioni d’impatto ambientale (VIA) che si concludano in 3 mesi, dimenticando che la salute dell’ambiente necessita di VIA fatte seriamente ed obiettivamente, a prescindere da quale sia il tempo necessario per il loro completamento. Veltroni poi dice “SI ad infrastrutture moderne e sostenibili come i rigassificatori, i termovalorizzatori, il TAV Lione – Torino – Trieste” attribuendo alle stesse, valenze taumaturgiche per quanto riguarda la salvaguardia ambientale. In base a quale ribaltamento delle cognizioni scientifiche i rigassificatori, i forni inceneritori ed il TAV dovrebbero contribuire a migliorare l’ambiente Veltroni non lo dice, ma le sue parole lasciano intuire che il pullman del PD non si sia mai fermato nel Mugello o accanto agli oltre 50 inceneritori già attivi nel nostro Paese, per constatare quanto bene all’ambiente e alle persone abbiano già fatto TAV ed inceneritori.
Più infrastrutture, costruite più in fretta = più ambiente è l’equazione che Walter propone nel proprio programma elettorale.
Silvio Berlusconi un vero e proprio programma di governo non l’ha ancora stilato, ma ha già affermato a più riprese come occorra costruire le grandi opere, compreso il TAV Torino – Lione ed il ponte sullo Stretto di Messina ed occorra costruirle in fretta, anche con l’uso della forza qualora le popolazioni locali si oppongano.
Per immaginare l’Italia del dopo elezioni basta volgere gli occhi alla Cina, a quella Cina che, sotto lo sguardo “ammirato” del Corriere della Sera che le dedica un lungo articolo, sta mettendo da tempo in pratica con certosina precisione i programmi elettorali di Walter e Silvio.
In soli 12 mesi saranno costruiti 8.330 km di autostrade, in soli 3 anni 15.000 km di ferrovie dei quali 7.000 ad alta velocità, in soli 2 anni sarà completato il nuovo grattacielo di Shanghai dell’altezza di 580 metri che sorgerà al fianco di 2 “fratelli” alti oltre 400m, in soli 5 anni sarà costruito il ponte di Hanghzhou che con i suoi 36 km sarà il più lungo del mondo, in soli 13 anni è stata costruita la diga delle Tre Gole che è la più grande del mondo. Una Cina dove negli ultimi 30 anni sono stati asfaltati 3.570.000 km di territorio, svariati milioni di persone sono state allontanate con la forza dalle proprie case a causa della costruzione di qualche grande opera, 800 laghi sono scomparsi, l’85% delle foreste originarie non esiste più, l’inquinamento dello Yangtze (terzo fiume del mondo) è aumentato del 70%, l’acqua di 500 città che sorgono lungo il suo corso ha cessato di essere potabile e le riserve di pesce sono diminuite del 75%.
L’ambientalismo del fare in Cina è da tempo una realtà e le grandi opere vengono realizzate in tempi da record, come Walter e Silvio auspicano potrà presto avvenire anche in Italia. L’ambiente in virtù di tutto ciò si sta trasformando in maniera sorprendente, ma purtroppo per i nostri “eroi” la risultante della trasformazione non sarà un ecosistema compatibile con l’esistenza della specie umana. L’ambientalismo del fare è solo una patetica mistificazione per accreditare come “ecologiche” grandi opere che in realtà distruggeranno l’ambiente e la salute dei cittadini che loro malgrado saranno costretti a conviverci, anche con la forza. A dispetto di Walter e Silvio e dei loro proclami elettorali, mentre l’uomo per sopravvivere necessita di un ambiente in salute, l’ambiente per restare in salute non ha alcun bisogno dell’uomo e di falsi ambientalisti alla ricerca di voti.
lunedì 25 febbraio 2008
giovedì 21 febbraio 2008
CALCIOMERCATO
Marco Cedolin
I giornali di questa Italia pre elettorale somigliano in maniera sorprendente alle pagine della Gazzetta dello sport durante i caldi mesi estivi, quando il campionato è fermo e solamente le notizie di calciomercato, spesso abbondantemente condite di fantasia, riescono a garantire un minimo di tiratura grazie ai tanti che amano berle fresche per stemperare gli effetti della canicola.
Il PD di Walter Veltroni con sulla maglia lo sponsor di Confindustria e il PDL di Silvio Berlusconi sponsorizzato Mediaset sono le uniche due squadre in grado di contendersi lo “scudetto”. Non esistono outsider o possibili squadre rivelazione in quanto è troppo grande in divario tecnico (leggasi economico) che separa qualunque altra formazione dall’accoppiata PD – PDL.
Veltroni conscio che la sua squadra partirà probabilmente con 10 punti di penalizzazione (comminatigli dal giudice sportivo per il comportamento durante gli ultimi 2 anni di governo) ha deciso fin da subito di giocare d’anticipo e la sua tattica fino a questo momento sembra lo stia premiando. Veltroni ha deciso di cambiare modulo e giocare a zona, sostituendo le incorporazioni alle coalizioni, ed il Cavaliere ha dovuto correre ai ripari imitandolo per non rischiare di apparire anacronistico. Veltroni ha deciso di rendere pubblico per primo il proprio programma elettorale, mettendo in cima alla lista dei 12 punti dei quali si compone l’intenzione di regalare agli italiani il TAV, i cancrovalorizzatori, i rigassificatori e nuove autostrade, seguiti da meno tasse, più sicurezza e la “revisione” della legge sull’aborto. Ed ora Berlusconi si ritroverà costretto a copiarlo riga per riga avendo come unica alternativa impraticabile quella di cambiare maglia (e sponsor) e stilare un programma di sinistra. Veltroni è riuscito perfino ad importare direttamente dagli USA l’inno della propria squadra che ha già scalzato dalla vetta della hit parade il gingle di Forza Italia, lasciando Berlusconi basito ed indeciso fra domandare a McCain di scriverne uno o usare quello di Walker Texas Ranger che con McCain non sembra però vada molto d’accordo.
L’impressione è quella che il PD di Veltroni intenda giocare un calcio più liberista e spregiudicato, maggiormente gradito agli osservatori, mentre il Cavaliere si trovi sempre un metro indietro rispetto all’avversario, proprio su quel terreno che è sempre stato il suo.
Tattiche a parte sarà però il calciomercato a risultare determinante ed anche in questo ambito i giornali specializzati hanno già offerto gustose anticipazioni.
Berlusconi dopo avere rinunciato ad un centrocampista d’eccellenza come Casini, sembra avere abbandonato anche l’opzione Giuliano Ferrara che nonostante possedesse una grinta degna di ringhio Gattuso è stato giudicato troppo soprappeso. Niente da fare anche per Mastella, ottimo terzino però troppo falloso, mentre Aida Yespica, giovanissima ala con poca esperienza ma indubbie doti fisiche ha rifiutato il trasferimento fra i professionisti. La ricerca continua con l’ausilio di dozzine di talent scout, ma l’impresa non risulta facile anche alla luce del fatto che qualche ora fa il coordinatore Bondi ha dichiarato che non saranno ingaggiati (leggasi candidati) coloro che hanno procedimenti penali in corso, facendo proprio ed in questo caso superando a sinistra l’undicesimo punto del programma elettorale di Veltroni.
Veltroni lasciata a casa la sinistra radicale che continua a giocare ad uomo e mai sarebbe in grado di assimilare i dettami della zona, ha defenestrato anche il centrocampista Boselli troppo molle quando entra sulla palla, mentre ha messo a segno un importante colpo di mercato acquistando (seppure in prestito) il portiere Di Pietro, uomo che gode delle simpatie di molti fra coloro che hanno partecipato al V Day di Beppe Grillo, non ultimo un bravo giornalista come Marco Travaglio. Altrettanto importante è stata l’operazione con la quale Veltroni è riuscito ad ingaggiare in un colpo solo il Presidente dei giovani industriali Matteo Colaninno ed il giovane operaio fra i superstiti del rogo alla Thyssenkrupp, Antonio Boccuzzi, il cui collega Ciro Argentino è già stato rilevato dalla Sinistra Arcobaleno che ha giocato d’anticipo. Due centravanti, l’industriale Colaninno e l’operaio Boccuzzi, magari con poca esperienza ma in grado d’incidere in area di rigore, anche perché estremamente complementari fra loro. Niente spazio invece per il fluidificante Ciriaco De Mita ormai in lite con l’allenatore, ritenuto troppo vecchio ed imbolsito per ricoprire un ruolo che necessita di dinamismo. Porte aperte al contrario per un tornante offensivo come Emma Bonino, che può portare qualche centinaio di migliaia di voti, anche se le sue spigolosità caratteriali non la rendono gradita al resto della squadra. Si vocifera anche di un interessamento di Veltroni per il giovane fantasista Saviano, scrittore emergente e molto amato, mentre non sono ancora tramontate le speranze di concludere il “colpo di mercato” della stagione acquistando il pallone d’oro Montezemolo, ma in questo caso la strada sembra molto in salita.
Si è fatto tardi, la Gazzetta dello sport merita il tempo di un caffè ed una sigaretta, e l’estate alla fine di febbraio è ancora qualcosa di molto lontano, sarà mai possibile che non si riesca a trovare un altro giornale? Dovrà pur essere accaduto qualcosa di serio in questo Paese.
I giornali di questa Italia pre elettorale somigliano in maniera sorprendente alle pagine della Gazzetta dello sport durante i caldi mesi estivi, quando il campionato è fermo e solamente le notizie di calciomercato, spesso abbondantemente condite di fantasia, riescono a garantire un minimo di tiratura grazie ai tanti che amano berle fresche per stemperare gli effetti della canicola.
Il PD di Walter Veltroni con sulla maglia lo sponsor di Confindustria e il PDL di Silvio Berlusconi sponsorizzato Mediaset sono le uniche due squadre in grado di contendersi lo “scudetto”. Non esistono outsider o possibili squadre rivelazione in quanto è troppo grande in divario tecnico (leggasi economico) che separa qualunque altra formazione dall’accoppiata PD – PDL.
Veltroni conscio che la sua squadra partirà probabilmente con 10 punti di penalizzazione (comminatigli dal giudice sportivo per il comportamento durante gli ultimi 2 anni di governo) ha deciso fin da subito di giocare d’anticipo e la sua tattica fino a questo momento sembra lo stia premiando. Veltroni ha deciso di cambiare modulo e giocare a zona, sostituendo le incorporazioni alle coalizioni, ed il Cavaliere ha dovuto correre ai ripari imitandolo per non rischiare di apparire anacronistico. Veltroni ha deciso di rendere pubblico per primo il proprio programma elettorale, mettendo in cima alla lista dei 12 punti dei quali si compone l’intenzione di regalare agli italiani il TAV, i cancrovalorizzatori, i rigassificatori e nuove autostrade, seguiti da meno tasse, più sicurezza e la “revisione” della legge sull’aborto. Ed ora Berlusconi si ritroverà costretto a copiarlo riga per riga avendo come unica alternativa impraticabile quella di cambiare maglia (e sponsor) e stilare un programma di sinistra. Veltroni è riuscito perfino ad importare direttamente dagli USA l’inno della propria squadra che ha già scalzato dalla vetta della hit parade il gingle di Forza Italia, lasciando Berlusconi basito ed indeciso fra domandare a McCain di scriverne uno o usare quello di Walker Texas Ranger che con McCain non sembra però vada molto d’accordo.
L’impressione è quella che il PD di Veltroni intenda giocare un calcio più liberista e spregiudicato, maggiormente gradito agli osservatori, mentre il Cavaliere si trovi sempre un metro indietro rispetto all’avversario, proprio su quel terreno che è sempre stato il suo.
Tattiche a parte sarà però il calciomercato a risultare determinante ed anche in questo ambito i giornali specializzati hanno già offerto gustose anticipazioni.
Berlusconi dopo avere rinunciato ad un centrocampista d’eccellenza come Casini, sembra avere abbandonato anche l’opzione Giuliano Ferrara che nonostante possedesse una grinta degna di ringhio Gattuso è stato giudicato troppo soprappeso. Niente da fare anche per Mastella, ottimo terzino però troppo falloso, mentre Aida Yespica, giovanissima ala con poca esperienza ma indubbie doti fisiche ha rifiutato il trasferimento fra i professionisti. La ricerca continua con l’ausilio di dozzine di talent scout, ma l’impresa non risulta facile anche alla luce del fatto che qualche ora fa il coordinatore Bondi ha dichiarato che non saranno ingaggiati (leggasi candidati) coloro che hanno procedimenti penali in corso, facendo proprio ed in questo caso superando a sinistra l’undicesimo punto del programma elettorale di Veltroni.
Veltroni lasciata a casa la sinistra radicale che continua a giocare ad uomo e mai sarebbe in grado di assimilare i dettami della zona, ha defenestrato anche il centrocampista Boselli troppo molle quando entra sulla palla, mentre ha messo a segno un importante colpo di mercato acquistando (seppure in prestito) il portiere Di Pietro, uomo che gode delle simpatie di molti fra coloro che hanno partecipato al V Day di Beppe Grillo, non ultimo un bravo giornalista come Marco Travaglio. Altrettanto importante è stata l’operazione con la quale Veltroni è riuscito ad ingaggiare in un colpo solo il Presidente dei giovani industriali Matteo Colaninno ed il giovane operaio fra i superstiti del rogo alla Thyssenkrupp, Antonio Boccuzzi, il cui collega Ciro Argentino è già stato rilevato dalla Sinistra Arcobaleno che ha giocato d’anticipo. Due centravanti, l’industriale Colaninno e l’operaio Boccuzzi, magari con poca esperienza ma in grado d’incidere in area di rigore, anche perché estremamente complementari fra loro. Niente spazio invece per il fluidificante Ciriaco De Mita ormai in lite con l’allenatore, ritenuto troppo vecchio ed imbolsito per ricoprire un ruolo che necessita di dinamismo. Porte aperte al contrario per un tornante offensivo come Emma Bonino, che può portare qualche centinaio di migliaia di voti, anche se le sue spigolosità caratteriali non la rendono gradita al resto della squadra. Si vocifera anche di un interessamento di Veltroni per il giovane fantasista Saviano, scrittore emergente e molto amato, mentre non sono ancora tramontate le speranze di concludere il “colpo di mercato” della stagione acquistando il pallone d’oro Montezemolo, ma in questo caso la strada sembra molto in salita.
Si è fatto tardi, la Gazzetta dello sport merita il tempo di un caffè ed una sigaretta, e l’estate alla fine di febbraio è ancora qualcosa di molto lontano, sarà mai possibile che non si riesca a trovare un altro giornale? Dovrà pur essere accaduto qualcosa di serio in questo Paese.
sabato 16 febbraio 2008
COMPRA UN POSTO IN PRIMA FILA
Marco Cedolin
Quella venuta in mente ad Alberto Perino, uno dei valsusini più fantasiosi e tenaci fra i molti che si oppongono al TAV e non sono mai stati sfiorati dall’idea di pentirsi, è un’idea geniale di quelle destinate a lasciare il segno. Lo si è potuto evincere fin da subito constatando come la Valle NO TAV che molti avrebbero voluto ormai “addomesticata” sia tornata a fare parlare di sé sulle prime pagine dei giornali e sui “telebugia” nazionali, per approdare perfino alla TV francese, lasciando basita buona parte della classe politica italiana che non brilla certo in quanto a fantasia.
La proposta fatta ai 32.000 cittadini della Valle di Susa che la scorsa estate hanno firmato il documento di contrarietà al TAV, ma anche a tutti coloro che quel documento non hanno potuto firmarlo è quella di acquistare 1 mq della loro Valle nei territori che dovrebbero essere oggetto dei cantieri per la costruzione dell’opera.
Quando arriveranno le ruspe migliaia di proprietari potranno così concretamente esercitare il diritto legale di opposizione a qualunque decreto di esproprio o di occupazione temporanea che dovrà essere notificato, stando alla legislazione attuale, ad ogni singolo proprietario, dilatando in questa maniera a dismisura i tempi di costruzione dell’opera.
La genialità dell’operazione come si può ben comprendere va però molto al di là dell’aspetto meramente burocratico, in quanto dischiude nuovi orizzonti di lotta legale e non violenta che sono in grado di mettere in crisi l’arroganza dei poteri finanziari e politici che prevaricano sistematicamente i cittadini. Cittadini che difendono la propria terra ed il proprio futuro con i denti diventando simbolicamente proprietari di una parte infinitesimale di quel territorio che la mafia del cemento e del tondino intende cementificare, inquinare, violentare e distruggere.
Immaginate se tutte le centinaia di realtà che in Italia stanno lottando contro le nocività facessero propria l’idea di Alberto Perino. Se tutti coloro che lottano contro il TAV, gli inceneritori, le discariche, le centrali a carbone e turbogas, le nuove autostrade, i rigassificatori ed ogni altra grande opera attraverso la quale verrà devastato il territorio in cui vivono, decideranno nei prossimi mesi di acquistare collettivamente porzioni dei terreni sui quali dovrebbero sorgere questi mostri.
La Valle di Susa, dove i cittadini hanno iniziato ad acquistare “un posto in prima fila” può essere il preludio di tanti nuovi palcoscenici quanti i politici immersi fra i sondaggi della campagna elettorale neppure possono immaginare.
Una cosa è certa, si tratterà comunque di uno spettacolo da non perdere per nulla al mondo e le adesioni, prima ancora che il progetto sia partito ufficialmente sono già svariate centinaia.
Pochi pentiti ma molti in prima fila!
Quella venuta in mente ad Alberto Perino, uno dei valsusini più fantasiosi e tenaci fra i molti che si oppongono al TAV e non sono mai stati sfiorati dall’idea di pentirsi, è un’idea geniale di quelle destinate a lasciare il segno. Lo si è potuto evincere fin da subito constatando come la Valle NO TAV che molti avrebbero voluto ormai “addomesticata” sia tornata a fare parlare di sé sulle prime pagine dei giornali e sui “telebugia” nazionali, per approdare perfino alla TV francese, lasciando basita buona parte della classe politica italiana che non brilla certo in quanto a fantasia.
La proposta fatta ai 32.000 cittadini della Valle di Susa che la scorsa estate hanno firmato il documento di contrarietà al TAV, ma anche a tutti coloro che quel documento non hanno potuto firmarlo è quella di acquistare 1 mq della loro Valle nei territori che dovrebbero essere oggetto dei cantieri per la costruzione dell’opera.
Quando arriveranno le ruspe migliaia di proprietari potranno così concretamente esercitare il diritto legale di opposizione a qualunque decreto di esproprio o di occupazione temporanea che dovrà essere notificato, stando alla legislazione attuale, ad ogni singolo proprietario, dilatando in questa maniera a dismisura i tempi di costruzione dell’opera.
La genialità dell’operazione come si può ben comprendere va però molto al di là dell’aspetto meramente burocratico, in quanto dischiude nuovi orizzonti di lotta legale e non violenta che sono in grado di mettere in crisi l’arroganza dei poteri finanziari e politici che prevaricano sistematicamente i cittadini. Cittadini che difendono la propria terra ed il proprio futuro con i denti diventando simbolicamente proprietari di una parte infinitesimale di quel territorio che la mafia del cemento e del tondino intende cementificare, inquinare, violentare e distruggere.
Immaginate se tutte le centinaia di realtà che in Italia stanno lottando contro le nocività facessero propria l’idea di Alberto Perino. Se tutti coloro che lottano contro il TAV, gli inceneritori, le discariche, le centrali a carbone e turbogas, le nuove autostrade, i rigassificatori ed ogni altra grande opera attraverso la quale verrà devastato il territorio in cui vivono, decideranno nei prossimi mesi di acquistare collettivamente porzioni dei terreni sui quali dovrebbero sorgere questi mostri.
La Valle di Susa, dove i cittadini hanno iniziato ad acquistare “un posto in prima fila” può essere il preludio di tanti nuovi palcoscenici quanti i politici immersi fra i sondaggi della campagna elettorale neppure possono immaginare.
Una cosa è certa, si tratterà comunque di uno spettacolo da non perdere per nulla al mondo e le adesioni, prima ancora che il progetto sia partito ufficialmente sono già svariate centinaia.
Pochi pentiti ma molti in prima fila!
martedì 12 febbraio 2008
LA GRANDE ABBUFFATA
Marco Cedolin
Scongiurata almeno per il momento la possibilità che banchieri ed industriali procedano direttamente al governo del paese senza il bisogno di alcun intermediario, tutto il circo della politica si è gettato con furia belluina fra le pieghe di una campagna elettorale dai contorni ancora sfumati ma che già lascia intuire come il confine fra comicità e tragedia sia davvero una linea molto sottile.
Non potendo permettersi di cambiare l’identità dei mestieranti (pena l’acquisizione dello status di disoccupati) la classe politica italiana, imbolsita fino all’inverosimile, ha deciso ancora una volta di cambiare la coreografia dello spettacolo anziché la trama e gli attori, affinché si abbia la percezione illusoria di una qualche novità, mentre il copione anacronistico continua a perpetuare sé stesso.
Simboli liste ed alleanze stanno iniziando a prendere forma in un fantasmagorico crogiuolo di colori, slogan e vessilli, all’interno del quale perfino i simboli più legati alle tradizioni come fiamma e falce e martello rischiano di finire rottamati, quasi si trattasse di un’auto euro 0, per venire sostituiti da tricolori ed arcobaleni assortiti molto più trendy ed accattivanti.
Sullo sfondo di un programma unico, imperniato sulla crescita e lo sviluppo del Paese (proponimento d’obbligo per potere aspirare a raccogliere qualche voto) le parole d’ordine sono fusione, incorporazione, accorpamento, assorbimento, inclusione. Finita l’era delle grandi coalizioni, dove una molteplicità di partiti si raggruppavano intorno a due leader (Berlusconi/Prodi, Rutelli/Berlusconi, Prodi/Berlusconi) sulla base di programmi ai quali non è mai stato dato seguito, sta iniziando l’era dei grandi partiti che fagocitano quelli piccoli introiettandoli al proprio interno, dopo avere imposto loro l’accettazione di un programma precostituito, al quale ovviamente non verrà dato seguito. Gli uomini politici restano gli stessi, i meccanismi del clientelismo anche, le false promesse da disattendere e la manifesta incapacità di leggere le dinamiche socio/economiche del presente pure, ma tutti potranno affermare con grande baldanza che finalmente è nato qualcosa di nuovo.
E’ nato il nuovo Partito Democratico di Walter Veltroni, consumato cabarettista che esclamando “yes we can” e parodiando Barack Obama alle primarie americane, promette la diminuzione delle tasse, ma anche l’aumento dei salari, ma anche la riduzione del debito pubblico, ma anche più infrastrutture, ma anche più ecologia, ma anche…
Appena si smette di cantare yes we can ci si rende però subito conto che il nuovo PD è composto da vecchi componenti della Margherita che a sua volta era formata da ancor più vecchi politici della DC e di altri partiti della prima repubblica, stretti in un abbraccio fraterno con la vecchia classe politica dei DS derivante sostanzialmente da quello che nell’archeologia politica era l’antico PCI. Probabilmente entrerà a farne parte anche l’Italia dei “lavori” di Antonio di Pietro che sembra disponibile a venire incorporato nella nuova infrastruttura, mentre altri soggetti politici meno arrendevoli saranno probabilmente destinati a restarne fuori.
Tranne la passione per la bandiera a stelle e strisce del suo capo comico e l’intenzione di diminuire quelle tasse che ha invece alzato durante gli ultimi 2 anni nei quali è stato al governo, riesce davvero difficile trovare qualche elemento di novità all’interno di un partito come il PD che somiglia a quelle vetture costruite in Yugoslavia negli anni 80, le quali seppur nuove fiammanti venivano allestite assemblando insieme il muso di una vecchia Fiat 128 con la coda di un’altrettanto datata Fiat 127, per la gioia della famiglia Agnelli che aveva trovato il modo di rivendere all’estero le catene di montaggio ormai dismesse.
E’ nato il nuovo Partito delle Libertà di Silvio Berlusconi che ha incorporato i resti di Alleanza Nazionale, ha convinto la Mussolini a spegnere la fiamma, ha concluso una semi annessione della Lega Nord di Bossi e sta cercando d’indurre gli ex DC Casini e Mastella ad entrare nella “famiglia allargata” rinunciando ai propri simboli.
Il Cavaliere più sorridente che mai promette di “rimettere i soldi nelle tasche dei cittadini, per rilanciare i consumi e l’economia”. A guardarlo se cantasse “yes we can” anche lui, potrebbe perfino sembrare un altro, anziché la persona che con gli stessi alleati ha governato l’Italia per 5 anni riuscendo a far crescere solo le spese di cancelleria dei tribunali. Quando poi si cimenta nel suo numero migliore, promettendo “la creazione di nuovi posti di lavoro” ogni italiano si ritrova a fare gesti scaramantici per riflesso condizionato, memore di come andò a finire la volta scorsa. Un milione? No, davvero, un migliaio bastano e avanzano, altrimenti questa volta c’è il rischio che diventino precari perfino i pensionati.
E’ nata la nuova Sinistra Arcobaleno che poi tutti continuano a chiamare Cosa Rossa, usando un lemmario più rude che però arriva al cuore del problema. Si tratta dell’unione di quei partiti comunemente definiti “sinistra radicale”, derivanti in larga parte dalle scissioni della scissione dell’antico PCI. Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Verdi non hanno deciso di fondersi fra loro seguendo la strategia del “grande partito” e ricercando la novità, ma hanno dovuto farlo per cause di forza maggiore, non esistendo alcun grande partito intenzionato ad incorporarli. Troppo scomodi perfino quando, come nell’ultima legislatura, hanno sottoscritto supinamente ogni decisione del governo anche qualora completamente antitetica ai propri programmi, fino al punto di arrivare a firmare un dodecalogo che è costato loro la stima di buona parte del proprio elettorato. Hanno cercato fino all’ultimo (e probabilmente continueranno a farlo) un’improbabile alleanza con il PD ma Veltroni sembra irremovibile quando canta in italiano “voi non potete”.
Vagano ancora allo stato brado alcuni piccoli partiti, come la Destra di Storace e la Rosa nel Pugno ma c’è da scommettere che si accaseranno presto quando l’imminenza delle elezioni renderà i “grandi partiti” molto più arrendevoli.
Dopo il voto poi, tanta smania di accorpamento e voglia di novità potrebbero debordare e sono in molti che già ipotizzano la fusione delle fusioni che dia vita al partito unico “destrasinistra” dove Veltroni e Berlusconi cammineranno a braccetto fischiettando “yes we can”. Ma non spingiamoci oltre con la fantasia in quanto troppe novità tutte in una volta potrebbe turbare la tranquillità dei nostri sonni.
A proposito di sonni, c’è una domanda che continua a perseguitarmi ogni volta che poso la testa sul cuscino. Ma il “popolo” di Beppe Grillo, quello impropriamente catalogato come “antipolitica” e quantificato dopo il V. Day dell’8 settembre da alcuni sondaggisti improvvidi nella misura di addirittura il 17% dell’elettorato italiano, quello avrà colto il segnale di novità ed andrà a votare?
Scongiurata almeno per il momento la possibilità che banchieri ed industriali procedano direttamente al governo del paese senza il bisogno di alcun intermediario, tutto il circo della politica si è gettato con furia belluina fra le pieghe di una campagna elettorale dai contorni ancora sfumati ma che già lascia intuire come il confine fra comicità e tragedia sia davvero una linea molto sottile.
Non potendo permettersi di cambiare l’identità dei mestieranti (pena l’acquisizione dello status di disoccupati) la classe politica italiana, imbolsita fino all’inverosimile, ha deciso ancora una volta di cambiare la coreografia dello spettacolo anziché la trama e gli attori, affinché si abbia la percezione illusoria di una qualche novità, mentre il copione anacronistico continua a perpetuare sé stesso.
Simboli liste ed alleanze stanno iniziando a prendere forma in un fantasmagorico crogiuolo di colori, slogan e vessilli, all’interno del quale perfino i simboli più legati alle tradizioni come fiamma e falce e martello rischiano di finire rottamati, quasi si trattasse di un’auto euro 0, per venire sostituiti da tricolori ed arcobaleni assortiti molto più trendy ed accattivanti.
Sullo sfondo di un programma unico, imperniato sulla crescita e lo sviluppo del Paese (proponimento d’obbligo per potere aspirare a raccogliere qualche voto) le parole d’ordine sono fusione, incorporazione, accorpamento, assorbimento, inclusione. Finita l’era delle grandi coalizioni, dove una molteplicità di partiti si raggruppavano intorno a due leader (Berlusconi/Prodi, Rutelli/Berlusconi, Prodi/Berlusconi) sulla base di programmi ai quali non è mai stato dato seguito, sta iniziando l’era dei grandi partiti che fagocitano quelli piccoli introiettandoli al proprio interno, dopo avere imposto loro l’accettazione di un programma precostituito, al quale ovviamente non verrà dato seguito. Gli uomini politici restano gli stessi, i meccanismi del clientelismo anche, le false promesse da disattendere e la manifesta incapacità di leggere le dinamiche socio/economiche del presente pure, ma tutti potranno affermare con grande baldanza che finalmente è nato qualcosa di nuovo.
E’ nato il nuovo Partito Democratico di Walter Veltroni, consumato cabarettista che esclamando “yes we can” e parodiando Barack Obama alle primarie americane, promette la diminuzione delle tasse, ma anche l’aumento dei salari, ma anche la riduzione del debito pubblico, ma anche più infrastrutture, ma anche più ecologia, ma anche…
Appena si smette di cantare yes we can ci si rende però subito conto che il nuovo PD è composto da vecchi componenti della Margherita che a sua volta era formata da ancor più vecchi politici della DC e di altri partiti della prima repubblica, stretti in un abbraccio fraterno con la vecchia classe politica dei DS derivante sostanzialmente da quello che nell’archeologia politica era l’antico PCI. Probabilmente entrerà a farne parte anche l’Italia dei “lavori” di Antonio di Pietro che sembra disponibile a venire incorporato nella nuova infrastruttura, mentre altri soggetti politici meno arrendevoli saranno probabilmente destinati a restarne fuori.
Tranne la passione per la bandiera a stelle e strisce del suo capo comico e l’intenzione di diminuire quelle tasse che ha invece alzato durante gli ultimi 2 anni nei quali è stato al governo, riesce davvero difficile trovare qualche elemento di novità all’interno di un partito come il PD che somiglia a quelle vetture costruite in Yugoslavia negli anni 80, le quali seppur nuove fiammanti venivano allestite assemblando insieme il muso di una vecchia Fiat 128 con la coda di un’altrettanto datata Fiat 127, per la gioia della famiglia Agnelli che aveva trovato il modo di rivendere all’estero le catene di montaggio ormai dismesse.
E’ nato il nuovo Partito delle Libertà di Silvio Berlusconi che ha incorporato i resti di Alleanza Nazionale, ha convinto la Mussolini a spegnere la fiamma, ha concluso una semi annessione della Lega Nord di Bossi e sta cercando d’indurre gli ex DC Casini e Mastella ad entrare nella “famiglia allargata” rinunciando ai propri simboli.
Il Cavaliere più sorridente che mai promette di “rimettere i soldi nelle tasche dei cittadini, per rilanciare i consumi e l’economia”. A guardarlo se cantasse “yes we can” anche lui, potrebbe perfino sembrare un altro, anziché la persona che con gli stessi alleati ha governato l’Italia per 5 anni riuscendo a far crescere solo le spese di cancelleria dei tribunali. Quando poi si cimenta nel suo numero migliore, promettendo “la creazione di nuovi posti di lavoro” ogni italiano si ritrova a fare gesti scaramantici per riflesso condizionato, memore di come andò a finire la volta scorsa. Un milione? No, davvero, un migliaio bastano e avanzano, altrimenti questa volta c’è il rischio che diventino precari perfino i pensionati.
E’ nata la nuova Sinistra Arcobaleno che poi tutti continuano a chiamare Cosa Rossa, usando un lemmario più rude che però arriva al cuore del problema. Si tratta dell’unione di quei partiti comunemente definiti “sinistra radicale”, derivanti in larga parte dalle scissioni della scissione dell’antico PCI. Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Verdi non hanno deciso di fondersi fra loro seguendo la strategia del “grande partito” e ricercando la novità, ma hanno dovuto farlo per cause di forza maggiore, non esistendo alcun grande partito intenzionato ad incorporarli. Troppo scomodi perfino quando, come nell’ultima legislatura, hanno sottoscritto supinamente ogni decisione del governo anche qualora completamente antitetica ai propri programmi, fino al punto di arrivare a firmare un dodecalogo che è costato loro la stima di buona parte del proprio elettorato. Hanno cercato fino all’ultimo (e probabilmente continueranno a farlo) un’improbabile alleanza con il PD ma Veltroni sembra irremovibile quando canta in italiano “voi non potete”.
Vagano ancora allo stato brado alcuni piccoli partiti, come la Destra di Storace e la Rosa nel Pugno ma c’è da scommettere che si accaseranno presto quando l’imminenza delle elezioni renderà i “grandi partiti” molto più arrendevoli.
Dopo il voto poi, tanta smania di accorpamento e voglia di novità potrebbero debordare e sono in molti che già ipotizzano la fusione delle fusioni che dia vita al partito unico “destrasinistra” dove Veltroni e Berlusconi cammineranno a braccetto fischiettando “yes we can”. Ma non spingiamoci oltre con la fantasia in quanto troppe novità tutte in una volta potrebbe turbare la tranquillità dei nostri sonni.
A proposito di sonni, c’è una domanda che continua a perseguitarmi ogni volta che poso la testa sul cuscino. Ma il “popolo” di Beppe Grillo, quello impropriamente catalogato come “antipolitica” e quantificato dopo il V. Day dell’8 settembre da alcuni sondaggisti improvvidi nella misura di addirittura il 17% dell’elettorato italiano, quello avrà colto il segnale di novità ed andrà a votare?
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