venerdì 25 marzo 2011

Tricolori e propaganda di guerra

Marco Cedolin

Siamo in guerra ormai da una settimana, ma dai balconi delle case italiane, anzichè le bandiere arcobaleno della pace continuano a garrire i tricolori di quella patria, riscoperta anche da tanta sinistra, proprio nel momento del suo totale asservimento al padrone a stelle e strisce ed ai suoi vassalli di Bruxelles.
Il popolo dei pacifinti, presente in massa nelle piazze e nelle strade qualche anno fa durante l'invasione dell' Iraq, quando lottare contro la guerra era esercizio prodromico alla conquista di facili consensi elettorali ed ambite poltrone "che contano" sembra essersi dissolto senza lasciare traccia ed i pochi aneliti di contestazione passano perlopiù inosservati, poichè privati della sponsorizzazione di quei partiti e quelle organizzazioni che dal dopoguerra in poi gestiscono "le piazze" a proprio piacimento.
Diventa impossibile non domandarsi dove siano finite le 150.000 persone con le quali il 18 febbraio 2007 ho condiviso la manifestazione oceanica di Vicenza contro la costruzione della nuova base militare americana Dal Molin. A rigore di logica chi si oppone con fervore alla costruzione di una base militare dovrebbe manifestarsi ben più indignato di fronte all'entrata in guerra del suo paese, ma evidentemente in questi giorni, di logica in giro se ne ravvisa davvero pochina.
Così come diventa diventa impossibile comprendere che fine abbia fatto il popolo cattolico delle marce della pace Perugia-Assisi, dal momento che il mondo cattolico in questi giorni di guerra ha finora manifestato solo inanità e desistenza, in perfetta sintonia con l'assoluto disinteresse espresso dai suoi vertici, nei confronti dell'aggressione armata a Tripoli.
E altrettanto ostica si rivela la ricerca degli strenui difensori della Costituzione, che quasi settimanalmente organizzano qualche marcetta, presidio, manifestazione, protesta di piazza, ma inspiegabilmente sembrano essere caduti vittima di una dissolvenza di fronte alla palese violazione dell'art 11, che in quanto estimatori della nostra carta costituzionale dovrebbero conoscere molto bene.....

mercoledì 23 marzo 2011

Il Punto - SPECIALE IN DIRETTA WEB TV

SPECIALE IN DIRETTA WEB TV MERCOLEDI 23 MARZO ORE 21.15

L'Italia ripudia la guerra.
Un'altra guerra "di servizio": le basi straniere che occupano il nostro paese usate come avamposti per attaccare un paese sovrano. L'Italia, serva dei poteri forti, in Libia, come in Medio Oriente......VEDI LA PUNTATA REGISTRATA

venerdì 18 marzo 2011

Celebriamo la nuova guerra santa?

Marco Cedolin

Alla fine ce l'abbiamo fatta.
I ruggenti cannoni dell'Occidente, che fremevano da settimane dentro ad un recinto troppo stretto, teleguidati da baliosi generali affamati di eroismo, hanno ricevuto dall'ONU il via libera, sotto forma del viatico a spendersi in nuove gloriose imprese, come già lo furono e lo sono quelle in terra d'Afghanistan e d'Iraq.
Nella tarda serata di ieri il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha infatti approvato con 10 voti favorevoli e 5 astensioni (Germania, India, Brasile, Russia e Cina) una risoluzione che autorizza l'imposizione di una no-fly zone sulla Libia "con tutti i mezzi a disposizione", incluso il ricorso all'uso della forza.
In pratica le armate occidentali, con alla testa Francia e Stati Uniti che più degli altri si sono spesi nel fare pressione nei confronti di quegli stati che manifestavano perplessità, sono da stanotte autorizzate ad usare aerei e missili contro l'esercito di Gheddafi (che altro non è se non l'esercito libico) nella misura e nella maniera che ritengano più opportuna al fine di tutelare l'incolumità delle truppe degli insorti, che nella risoluzione vengono definiti "civili" nonostante abbiano tutti i connotati di un esercito in armi, e in sostanza garantirne il successo militare.
La decisione non stupisce più di tanto, dal momento che l'insurrezione in Libia, organizzata dagli oppositori di Gheddafi, con il sostegno angloamericano e dei seguaci della monarchia, stava fallendo miseramente e senza un intervento armato occidentale sarebbe stata destinata a spegnersi entro un paio di giorni.....

mercoledì 16 marzo 2011

Nucleare, un futuro radioso o radioattivo?

Michele Brunati

Siamo sempre lì. Tutte le volte che succede un incidente nucleare di un certo rilievo o che si fanno i conti di quanto ci viene a costare la dipendenza dal petrolio, i soliti amanti dell'energia atomica rilanciano l'idea perversa di riaprire al nucleare. E giù con la storia del fabbisogno energetico la cui crescita viene sempre data acriticamente per scontata e della cui effettiva necessità o meno nessuno vuol mai parlare. Dicono che serve energia per costruire con crescente frenesia nuovi modelli di automobili, frigoriferi, lavatrici, computer, telefonini, tutte cose che, a parte qualche pezzo in plastica, di innovativo non hanno nulla se non il compito di farci buttare nelle discariche (quasi sempre abusive) quelle che già abbiamo e che funzionano benissimo. Quando affermano che ci si deve affrancare dalla dipendenza del petrolio e dunque anche da quella dei Paesi Arabi hanno mille ragioni, però trascurano sempre il fatto che noi l'uranio non ce l'abbiamo, neanche a pagarlo a peso d'oro. Dunque si passerebbe da una dipendenza all'altra. E, guarda caso, i loro calcoli del costo al kWh non tengono mai conto delle spese di smaltimento delle scorie e delle conseguenze sulla nostra salute in caso di incidente. A distanza di quasi venticinque anni dall'infausto 26 aprile 1986 si riscontrano ancora oggi gravi ripercussioni genetiche sugli innocenti nati dopo il disastro del reattore n.4 della centrale nucleare di Chernobyl. Perché mai nessuno dei filo-radioattivi ci dice quanto verrebbe ad incidere sul costo del kWh una simile sciagura?....

martedì 15 marzo 2011

Solo l'orchestra italiana suona sul Titanic che affonda

Marco Cedolin
La tragedia delle centrali atomiche fuori controllo che in questi giorni sta dilaniando il Giappone, mette una pietra tombale sulla fallimentare esperienza costituita dall'utilizzo del nucleare a scopo di produzione energetica.
Se infatti i termini della catastrofe giapponese, tuttora in corso e in continua fase di aggravamento, non sono ancora definiti e le informazioni si accavallano in maniera schizofrenica nella confusione più totale, alcune evidenze appaiono al contrario di una chiarezza adamantina.
Il gravissimo incidente di Chernobyl aveva dimostrato come eventuali guasti tecnici o errori nella gestione di un reattore nucleare potevano determinare disatri di enorme grandezza, la cui portata difficilmente era quantificabile sull'asse del tempo. Nessuno sarà mai in grado di raccontarci quante persone in Europa si sono ammalate di cancro e si ammaleranno nei decenni a venire, sono diventate sterili o lo diventeranno, sono state vittima di malformazioni fetali o lo saranno, a causa del disastro di Chernobyl. Molte sicuramente, ma la radioattività è un assassino che colpisce in silenzio, spesso a decine di anni di distanza e senza manifestarsi come carnefice.
L'impatto sull'opinione pubblica fu enorme e per la tecnologia nucleare iniziò la parabola discendente. Nonostante ciò riuscì a sopravvivere, in quanto i morti risultavano dispersi nell'imponderabile e la causa del disastro allignava in un deficit tecnico. Sarebbe bastato promettere miglioramenti tecnici e misure di sicurezza di alta tecnologia, per scongiurare almeno in una parte dell'opinione pubblica il rifiuto radicale nei confronti dell'atomo.
Fortunatamente in Italia questo escamotage non funzionò e un plebiscito popolare disse no al nucleare in maniera ferma e definitiva, prima che a riesumarlo in maniera fraudolenta arrivasse il caramogio di Arcore, con la banda di barbassori che gli fanno da contorno, nel tentativo di riportare in vita un cadavere ormai mummificato.....

sabato 12 marzo 2011

L'abbraccio nucleare è un abbraccio di morte.

Marco Cedolin
In Giappone il violentissimo terremoto di ieri ha creato un inferno apocalittico degno dei peggiori film catastrofici. Un inferno dove gli impianti petrolchimici bruciano rendendo nero il cielo, i depositi petroliferi riversano il greggio in mare, i viadotti crollano, le superstrade vengono inghiottite dalle voragini apertesi nel terreno le linee ferroviarie ultramoderne si accartocciano come fogli di carta dentro ad un caminetto, le dighe cedono di schianto creando nuovi Vajont. I mentori dell'onnipotenza tecnologica si ritirano nelle loro tane, i notiziari raccontano migliaia di vittime il cui computo sarà purtroppo destinato ad aumentare in maniera esponenziale con il passare delle ore.
Le centrali nucleari vacillano e quella di  Fukushima esplode in una nube bianca che potrebbe costituire il prodromo di una tragedia radioattiva della gravità di quella di Chernobyl.
La società del progresso tecnologico si ritrova spogliata ed in stato di shock, di fronte alla forza di quella natura che pretenderebbe di dominare. Una natura tanto più pericolosa in quanto violentata e profondamente minata nei suoi equilibri.
Le centrali nucleari vacillano e mostrano ancora una volta inequivocabilmente i termini di una scelta sbagliata, drammatica, demenziale ed assassina, ricordandoci che siamo seduti sopra ad una bomba di cui si è persa traccia della spoletta d'innesco.

Nel mondo sono attive circa 440 centrali nucleari. La Francia da sola ne possiede 80, la Spagna 9, la Svizzera 5 e la Germania una ventina, solo per citare i paesi a noi più vicini.
Ognuna di esse oltre a rappresentare una grave fonte di radiazioni per il territorio circostante, potrebbe essere causa di una catastrofe di proporzioni inenarrabili, nel caso si verificasse un incidente, un attentato o un intenso movimento tellurico come quello verificatosi in Giappone.
Ognuna di esse produce tonnellate di scorie radioattive che resteranno attive per un periodo che va dai 20 ai 150 mila anni. Scorie completamente ingestibili, poiché risulta materialmente impossibile determinare la sicurezza dei siti di stoccaggio delle stesse, dovendo ragionare su grandezze temporali nell’ordine delle decine di migliaia di anni….

giovedì 3 marzo 2011

Obama e l'Occidente stanno con il popolo

Marco Cedolin
Durante queste ultime settimane l'ipocrisia e la fantasia visionaria della politica occidentale, coaduviata dal circo mediatico e dall'opinione pubblica "ben informata" dalla TV, hanno raggiunto vette inarrivabili che ricordano da vicino quelle toccate durante gli anni dell'invasione dell'Afghanistan e dell'Iraq.
Senza dubbio sono forti le analogie fra le fantomatiche armi di distruzione di massa di Saddam, mai trovate per il semplice fatto che non esistevano e le altrettanto fantomatiche stragi compiute da Gheddafi che avrebbe bombardato i manifestanti pacifici, facendone strage, per poi seppellirli dentro alle fosse comuni.
In entrambi i casi si tratta di deliri onirici privi di fondamento, proposti e fatti accettare come realtà solamente grazie alla raffinata opera di lobotomizzazione di massa, ormai portata a termine dalla propaganda mediatica.
In entrambi i casi si tratta di bufale così grosse da non potere durare a lungo (anche se quelle concernenti le armi di distruzione di Saddam furono mantenute in vita per un paio d'anni o giù di lì) prima di decadere nel novero delle fesserie visionarie, deputate a venire smentite dagli stessi creatori delle fiction.
In entrambi i casi il fatto che si trattasse di menzogne allo stato puro, costruite (molto maldestramente) per ottenere uno scopo ben preciso, risultò del tutto ininfluente, dal momento che il loro scopo lo ottennero e lo stanno ottenendo, esattamente nei tempi e nei modi previsti.
Saddam diventò un dittatore sanguinario che metteva a repentaglio la suicurezza del mondo "civile" e da quello stesso mondo "civile" fu portato sul patibolo. Gheddafi è diventato un tiranno che si è macchiato del genocidio del suo stesso popolo e con tutta probabilità verrà deportato al tribunale dell'Aia per finire suicidato dalla mano misericordiosa dell'occidente come già accaduto a Milosevic.....

lunedì 28 febbraio 2011

Soldati per tutta la vita

Marco Cedolin
Il documentario Warology, operazione l'altra guerra, di Morgan Menegazzo e Mariachiara Pernisa, da poco disponibile nelle librerie italiane, offre lo spunto per una serie di riflessioni interessanti sul tema della guerra, suggerendone l'osservazione da angolazioni differenti rispetto a quelle a cui siamo abituati ed intuendone le evoluzioni all'interno di una società soggetta a mutazioni tanto rapide quanto radicali.
Il concetto stesso di guerra, travalica i confini dello scontro fra eserciti di opposte fazioni, per entrare nell'individualità di ciascuno di noi, dove tutti ci ritroviamo a rivestire il ruolo di "soldati" dalla culla alla morte, soggiogati dal dogma della competizione che ci viene inculcato fin dalla più tenera età, quale unica maniera di rapportarci con i nostri simili.
La guerra assurge così, ogni giorno di più allo stato di modus vivendi. Siamo in guerra in ufficio con i nostri colleghi, nel traffico cittadino con l'automobilista che ci affianca al semaforo, al ristorante con le coppie di amici insieme alle quali condividiamo il desco, in palestra con chi fa ginnastica accanto a noi, in famiglia con il coniuge, i figli, i genitori.
In ossequio all'assioma secondo cui l'unica forma di esistenza considerata soddisfacente passa attraverso l'imperativo di competere, combattere e risultare vincenti, iniziamo a vestire la divisa fra i banchi dell'asilo e la portiamo addosso, come una seconda pelle, per tutto il corso della vita, senza mai togliercela, neppure negli ultimi anni della senescescenza. Con tutto il suo corollario di vittorie e di sconfitte, che troppo spesso rappresenta un fardello dal peso insostenibile.....

lunedì 21 febbraio 2011

Più democrazia

Michele Brunati

Già da tempo mi sono reso conto che l'Occidente è ormai decotto e che l'attuale demenza diffusa nel Belpaese anticipa solo di poco l'implosione dell'intero sistema. A volte, scherzosamente, mi chiedo se questa paranoia diffusa a tutti i livelli non abbia le sue origini nella contaminazione dell'acqua che si beve o nell'inquinamento dell'aria che si respira.
Fatto sta che il trovare una persona obiettiva e coerente che pensa e che parla senza condizionamenti politici e senza sotterranei interessi personali è diventata un'impresa talmente ardua che a volte mi faccio prendere dallo scoramento. I tradizionali mezzi d'informazione saranno sì condizionati dai veri padroni del vapore, cosa ormai conclamata, ma io penso che anche la qualità dei giornalisti stessi si sia abbassata di molto. L'assenza di grosse preoccupazioni di sopravvivenza e l'abbondanza dei beni disponibili ha "consumato" anche le capacità logiche e la profondità di pensiero della gente. L'incoerenza regna sovrana e la futilità delle attrattive le fa da corteggio.
Tempo addietro, nelle civiltà che ora definiamo "incivili", i traditori venivano passati per le armi. Anche i beneficiati dal loro tradimento li trattavano con sospetto perché sapevano per esperienza che chi tradisce una volta tende a tradire di nuovo. In questa nostra società in declino invece i traditori godono della simpatia non solo dei mass media che ne esaltano le gesta, ma anche da quegli schieramenti politici che, pur avendoli odiati da sempre, ora li considerano dei ravveduti.....

sabato 19 febbraio 2011

Il bosco, la ruspa e l'autista

Marco Cedolin

Ho constatato, in tutta onestà senza troppa sorpresa, come il senso del mio ultimo articolo “la giostra impazzita” sia stato da parte di molti lettori travisato, scarsamente compreso, quando non perfino reinterpretato in chiave di enunciazione in favore del premier. Ho scritto senza troppa sopresa, poichè è pratica comune in questo paese quella di scagliarsi contro chiunque osi mettere in discussione il pensiero dominante. Pensiero dominante che nella fattispecie consisteva in lodi sperticate e incondizionate nei confronti della manifestazione del 13 febbraio “se non ora quando”, identificata come un decisivo risveglio delle coscienze ed io mi sono permesso di criticare, sia pur molto educatamente.
Spero vivamente che quanto segue, aiuti i lettori che non lo hanno fatto a meglio comprendere il senso delle mie parole.
Negli ultimi anni all'interno dei miei articoli ( compreso la giostra impazzita) ho continuato a ripetere che l'occidente è gestito ogni giorno di più dalle lobby dei grandi poteri economici e finanziari che perseguono un disegno ben preciso. Appiattimento di ogni specificità culturale, omologazione dell'individuo, creazione del lavoratore schiavo, creazione di uno stato unico globale, di una moneta unica globale solo elettronica, controllo completo delle masse previo loro rincoglionimento e tantissime altre applicazioni sui generis....

martedì 15 febbraio 2011

La giostra impazzita

Marco Cedolin
Sta diventando un'impresa sempre più improba quella di riuscire a ghermire qualche coordinata che permetta di orientarsi nel cacofonico e tarantolato mondo dell'informazione urlata, etrodiretta, spettacolarizzata, decorata di spot, dove il cortocircuito logico ed il gossip sono ormai assurti a valori assoluti, attraverso i quali inebriarsi, senza alcuna reminescenza di malcelato pudore.
Una giostra impazzita che gira e gira in maniera vorticosa, senza offrire punti di riferimento, analisi, riflessioni. Solamente brandelli di notizie e scampoli di verità annegati in un mare di fiction, aneliti di realtà che galleggiano per qualche secondo, prima di scomparire senza lasciare traccia, fagocitati dalla forza cenrifuga e sostituiti da altre notizie che troppo spesso notizie non sono.
Conosco ormai perfino i più piccoli dettagli della telenovela fra Berlusconi e Ruby rubacuori, la cronistoria dettagliata delle feste di Arcore, ogni parola pronunciata durante le poco edificanti ed assai sgrammaticate conversazioni telefoniche intercorse fra Nicole Minetti e le sue amiche del cuore. Ma fatico, come un rocciatore sorpreso dalla tormenta, nel trovare appigli che mi consentano di documentarmi in merito al processo concernente la strage di Viareggio, nel corso della quale morirono bruciate 32 persone, ormai dimenticate in qualche recondito andito della coscienza collettiva.......

venerdì 11 febbraio 2011

Taranto chiama Italia

Maratona dei beni comuni
13 febbraio dalle ore 14 alle ore 20,30
In diretta web esclusiva su www.perilbenecomune.net

Taranto. Città dove si assommano una serie enorme di problematiche legate alla salute, all'ambiente, all'occupazione, alle scelte politiche sbagliate. Da qui partirà un viaggio virtuale, con interventi in diretta da numerose città italiane e con due iniziative regionali in Liguria e nelle Marche.
Numerosi i temi che ci prefiggiamo di affrontare: : ILVA, petrolchimico, cementifici, discariche, rifiuti, inceneritori, tumori, diossine, criminalità, speculazioni, ipocrisie dei partiti, rifiuti tossici in mare, transizione, cementificazione, grandi opere (TAV, Mose, ponte sullo stretto, autostrade), battaglie di comitati locali in difesa del proprio territorio, rigassificatori, centrali a carbone, turbogas, biomasse, geotermia, nucleare, (dis)informazione, alimentazione e salute.
Altrettanto numerosi e di assoluta rilevanza gli ospiti presenti (medici, giornalisti, esperti, rappresentanti di comitati) qui suddivisi in base alla sede di trasmissione:....

giovedì 30 dicembre 2010

Brindisi amari

Marco Cedolin
S'incrociano i calici, s'increspano le labbra a pronunciare frasi beneauguranti, si brinda al nuovo anno che arriva, ma la sensazione preponderante è quella che mentre il disastroso 2010 finisce, la tragedia continui, infischiandosene degli auguri e delle speranze.
Non occorre essere particolarmente pessimisti per comprendere come l'anno appena trascorso, condensato in una serie di brutture senza soluzione di continuità, oltre a rendere amaro il vino, abbia costruito i presupposti perchè il 2011 ne ricalchi fedelmente le orme, rendendoci uomini sempre più soli, deprivati di aspirazioni e gioia di vivere, trascinati dentro ad un gioco d'azzardo dove vince solo il banco, mentre con gli sguardi inebetiti continuiamo a restare seduti a giocare e poi a giocare ancora, nonostante l'unica prospettiva sia quella di perdere tutto, in ultimo anche la nostra dignità.
L'anno che si dissolve nei calici resi amarognoli dal vino stantio non verrà ricordato in funzione di eventi eclatanti che abbiano cambiato il corso della storia e probabilmente scivolerà nelle sabbie del tempo senza sussulti, con la sua summa di miserie umane sulle cui fondamenta d'argilla già si stanno costruendo altre miserie umane, destinate ad un futuro che lascia in bocca il sapore acre del metallo.
La svendita dei lavoratori, ricattati, vessati, intimiditi e indotti a praticare l'autolesionismo,.....

mercoledì 15 dicembre 2010

I colonizzatori dell’immaginario collettivo

Rinascita ha incontrato Marco Cedolin, scrittore e studioso di economia, ambiente e comunicazione, che ha parlato di globalizzazione e anestetizzazione delle coscienze.
Fabio Polese
La circolazione delle notizie, sui grandi media, è subordinata alla volontà dei “sistemi” che gestiscono i media stessi. Viviamo nella società del controllo e sembra che esista un governo sovranazionale ed invisibile che decida cosa è giusto farci sapere e cosa no. In questo scenario apocalittico, abbiamo incontrato Marco Cedolin, scrittore e studioso di economia, ambiente e comunicazione, per porgli qualche domanda. “Non credo esistano dubbi sull’esistenza di un governo sovranazionale che attraverso la colonizzazione dell’immaginario collettivo, plasma la conoscenza, la sensibilità, i gusti, le reazioni emotive e più in generale i pensieri delle persone – sottolinea Marco Cedolin - con lo scopo di creare una massa di perfetti consumatori globali perfettamente omogeneizzati, privi di senso critico e programmati per reagire a qualsiasi stimolo indotto nella maniera prevista”. Alla domanda se esistono degli operatori di guerra psicologica lo scrittore e studioso precisa: “non si tratta tanto di una guerra psicologica, dal momento che il concetto di guerra presuppone la presenza di almeno due soggetti belligeranti, mentre in questo caso il soggetto impegnato nell’operazione si manifesta uno solo. Parlerei piuttosto di un processo di orientamento e globalizzazione del pensiero, attraverso l’anestetizzazione delle coscienze e l’annientamento sistematico di qualsiasi prerogativa culturale che possa mettere a rischio la buona riuscita del progetto”.....