Marco Cedolin
Sarebbe facile liquidare la grande manifestazione del PD al Circo Massimo, semplicemente ironizzando sul fatto che questa adunata dell’opposizione ombra, con il suo corredo di viaggi a Roma pagati dall’organizzazione e migliaia di bandierine ancora inamidate distribuite gratuitamente, somiglia drammaticamente a quella del dicembre 2006 organizzata da Berlusconi, stessa demagogia distribuita a piene mani, stessa ricerca della partecipazione oceanica (siamo 2 milioni), stessa ostentazione di una “diversità” assolutamente inesistente fra due forze politiche che da 15 anni si specchiano l’una nell’altra alternandosi nella spartizione delle poltrone che contano.
Ascoltando le parole di Walter Veltroni, leggendo gli slogan che adornano i manifesti coniati dal PD per l’occasione e gli striscioni srotolati dai manifestanti, non si tarda però molto a rendersi conto di come la commedia dell’assurdo messa in scena al Circo Massimo meriti qualche riflessione in più in virtù della veemenza con la quale Veltroni rivendica il diritto ad “uscire dall’ombra” per diventare opposizione, non soltanto di Berlusconi ma anche e soprattutto del suo stesso partito.
Dice Veltroni fra le tante cose: “Tornano indietro gli artigiani, gli operai. C’è stato un tempo in cui la fatica, i sacrifici e il talento, la specializzazione, davano dignità al lavoro e permettevano anche di metter su un laboratorio in proprio, e poi magari una piccola fabbrica. L’ascensore
sociale funzionava, le condizioni di vita miglioravano. E comunque c’era la speranza
che questo potesse accadere”.
E poi ancora “Oggi come vive un operaio che fatica tutto il giorno, e che troppo spesso in questo
Paese sul lavoro rischia la vita, per 1.200 euro al mese? Che speranza può avere di
poter star meglio, se deve invece preoccuparsi di essere messo in cassa integrazione,
di arrivare in fabbrica una mattina e di leggere nella bacheca di servizio che fra sei
mesi si chiude perché la produzione si ferma? Tornano indietro le aziende, rischiano di tornare indietro i piccoli e medi imprenditori. Quelli che sanno mettere a punto nuove tecniche e creare nuovi prodotti, e che così hanno fatto crescere il Paese”.
E ancora “Su un muro di Milano qualcuno ha scritto: non c’è più il futuro di una volta. E’ la
cosa più grave. Ieri a vent’anni e a trenta si raccoglievano i frutti dello studio o già si
lavorava, e comunque si pensava al domani convinti che sarebbe stato migliore
rispetto alla vita vissuta dai propri genitori. Oggi i giovani italiani sono prigionieri della gabbia del precariato. Sono storie umilianti, e sono tantissime. La risposta ad un annuncio su Internet e l’invio di un curriculum, le cuffie in testa e il microfono per rispondere alle telefonate, i 1.200 euro
lordi promessi dai selezionatori che diventano 800 e cioè 640 netti considerando i
giorni effettivi di lavoro. Quattro euro l’ora. Una vita precaria e i sogni mortificati per quattro euro l’ora. Ma si accetta, perché con il contratto a scadenza si è sotto ricatto. E si accetta”.
Per concludere “la nostra è una delle società più diseguali dell’Occidente, siamo uno dei paesi nei quali la forbice tra chi ha tanto e chi ha poco o niente si è fatta più larga”.
Poi cambiando argomento e parlando di ambiente “Davvero non si capisce perché se la Germania è riuscita a creare, nel comparto delle fonti rinnovabili, duecentomila posti di lavoro negli ultimi dieci anni, da noi non possa avvenire qualcosa di simile. O perché non sia possibile seguire l’esempio della California, che puntando sull’efficienza energetica ne ha creati un milione e mezzo”.
Leggiamo sui manifesti e sugli striscioni: “ Stipendi e pensioni così non va” “Ospedali più efficienza meno liste d’attesa” “Ricercatori universitari no ai talenti svenduti” “Chi nega il futuro ai precari nega il futuro al paese” e poi ancora “NO Dal Molin si alla democrazia” “più trasporto pubblico più risparmio per le famiglie” “Italiani Sveglia!!” “ Istruzione = -7,8 miliardi, 131 cacciabombardieri F35 = 11 miliardi, più chiaro che così” “Editoria libertà e pluralismo” “Meno inquinare più riciclare per un’Italia da salvare”.
Tutti pensieri e slogan, in larga parte condivisibili, che meriterebbero la massima dignità qualora a pronunciarli fosse il leader di un partito che fa opposizione in parlamento e nelle amministrazioni locali insieme ai suoi sostenitori che portano nel Paese quella stessa opposizione. Tutti pensieri e slogan che lascerebbero intuire come il PD sia una forza politica che aspira a contrapporsi all’imperante modello neoliberista che costruisce precarietà, annienta la dignità dei lavoratori, impoverisce le famiglie e distrugge l’integrità dell’ambiente.
Ma Veltroni e il suo partito (integrazione di due partiti esistenti da molti anni come DS e Margherita) cosa hanno fatto fino ad oggi e cosa stanno facendo attualmente che li ponga in sintonia con le frasi e gli slogan che hanno composto la coreografia del Circo Massimo?
Nulla, assolutamente nulla, in quanto sono sempre stati e continuano a rimanere supinamente appiattiti su quel modello neoliberista che in maniera abbastanza ridicola oggi fingono di contestare.
Veltroni e la consorteria politica che lo contorna non arrivano da decenni di opposizione, magari extraparlamentare, ma sono stati al governo fino a sei mesi fa e governano ancora attualmente la maggior parte delle regioni del Centro- Nord Italia insieme ad un cospicuo numero di province e comuni. Durante gli ultimi 2 anni di governo gli uomini del PD non hanno varato una riforma del mondo del lavoro che contribuisse ad eliminare la precarietà, continuando al contrario ad immolare i diritti dei lavoratori sull’altare della “competitività” dispensando crescenti regalie agli amici di Confindustria. Non hanno varato una riforma dell’istruzione finalizzata ad impedire la fuga dei cervelli, limitandosi a lasciare che la perversa riforma Moratti continuasse a fare il suo corso. Non hanno riformato la sanità nel tentativo di rendere più efficienti gli ospedali e più brevi le liste di attesa, ma si sono limitati a tagliare i finanziamenti per la spesa sanitaria. Non hanno “aiutato” le famiglie ad arrivare alla fine del mese ma hanno preferito aumentare le spese militari e destinare 11 miliardi di euro all’acquisto di 131 cacciabombardieri F35. Non si sono battuti per la libertà ed il pluralismo dell’editoria ma hanno tentato a più riprese d’imbavagliare l’informazione. Non si sono contrapposti alla nuova base militare americana Dal Molin di Vicenza, ma al contrario ne hanno deciso la costruzione. Non hanno seguito l’esempio della California o della Germania, preoccupandosi invece di mettere in cantiere decine di forni inceneritori e centrali a carbone e turbogas, annientando anche in prospettiva la raccolta differenziata e ripristinando perfino (pochi giorni prima di lasciare il governo) quei contributi cip6 per gli inceneritori che di fatto riducono al lumicino i finanziamenti per le fonti energetiche rinnovabili. Non hanno finanziato il trasporto pubblico per le famiglie, abbandonando il servizio ferroviario per i pendolari ad un triste destino da terzo mondo, preferendo invece investire decine di miliardi di euro pubblici nella costruzione delle tratte TAV.
Sicuramente quella del Circo Massimo, al di là delle bandierine inamidate è stata una bella manifestazione, ricca d’idee, di calore e di argomenti pregnanti, ma con tutto ciò il PD di Veltroni cosa ha a che fare?
3 commenti:
caro Cedoin
Le riporto, fedelmente, qui in basso,un commento ad un Suo articolo apparso da poco sul sito del MDF. Il mio commento ben si addice alla manifestazione del PD e alla (quasi) specularità dei democratici con i berlusconiani.
"Politica stracciona, incompetente e dalla cecità in malafede. Questo lo sappiamo ed è una percezione diffusa anche tra chi non è un qualunquista nel senso deteriore del termine.
Altrettanto disgustosa la miopia degli “specialisti”, dei Gran Sacerdoti dell’economia, depositari di un sapere che si esprime in un linguaggio inaccessibile e, se decifrato, anche beffardo. Faccio subito un esempio, così apro un altro fronte, diverso (ma forse neanche troppo) da quello aperto da Marco Cedoin.
Nei giorni scorsi Ignazio Visco, vicedirettore della Banca d’Italia, ha sentenziato che, per aiutare la crescita dell’economia e per mantenere livelli di benessere accettabili (quali, quelli correnti?!), occorre lavorare di più e più a lungo, ritardando così la pensione.
Ecco, mi piacerebbe leggere un post, da parte di qualche membro direttivo della MDF, sull’argomento da me proposto, in modo da creare un dibattito. Le affermazioni di Visco non sono tanto lontane da quelle di esponenti politici nostrani (di ambo gli schieramenti), poi sempre pronti a difendere i valori della famiglia fondata sul matrimonio. Inutile poi sorprendersi del proliferare di badanti e di case di riposo quando l’unica cosa che conta è produrre (quindi lavorare di più per consumare).
Gentile Little Eagle,
senza dubbio la tua riflessione è quanto mai interessante.
La classe dirigente del nostro Paese (politica, imprenditoriale e finanziaria) continua a fondare le proprie tesi su un cortocircuito logico estremamente evidente, benchè misconosciuto da quasi tutti coloro che in Italia "fanno opinione".
Da un lato un' ipocrita difesa ad oltranza di valori quali la famiglia, il matrimonio, l'educazione dei figli, la tutela degli anziani ecc. dall'altro la costruzione di una società atomizzata ed ipercinetica che sistematicamente distrugge quegli stessi valori.
Personalmente ritengo socialmente scellerato un modello sociale come quello attuale che continua ad immolare tutto e tutti sull'altare del consumo per il consumo.
Lavorare sempre più a lungo, accettare il pendolarismo esasperato, condurre la propria vita inseguendo l'individualismo di massa, sono tutti atteggiamenti che anche qualora si rivelassero economicamente vantaggiosi (e oggi non accade neppure ciò) determinano l'eutanasia dei rapporti familiari e di qualsiasi valore ad essi riconducibile.
I bambini e ragazzini trasformati in pacchi postali da parcheggiare in scuole ed asili a tempo sempre più pieno, gli anziani esiliati nelle case di riposo o fra le mani di badanti che non parlano neppure la loro lingua, in virtù della morte della famiglia allargata, il fallimento di larga parte delle unioni matrimoniali e non, sono le conseguenze più evidenti di questo stato di cose.
Uno stato di cose che invitabilmente contribuisce al grave malessere sociale che tutti quanti ogni giorno possiamo constatare anche solo aprendo la pagina di cronaca di un qualsiasi giornale.
Marco
Come al solito, un'analisi pacata ma efficace.
Grazie, Sofia.
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