domenica 18 luglio 2010

Date un ombrellone anche a me

Marco Cedolin
E'arrivato veramente il momento di staccare la spina, anche perchè in caso contrario un colpo di calore potrebbe farlo perentoriamente al posto mio.
Sono stati 7 mesi difficili, questi d'inizio anno, permeati di foschi presagi, infarciti di tragedie, senza un attimo di requiem, tanto che quando decidevi di metterti a mangiare pane e ottimismo, improvvisamente dal desco spariva il pane e ti ritrovavi con il solo ottimismo, poco commestibile, ipocalorico e probabilmente pure transgenico.
Ho “goduto” della crisi economica, trasformatasi miracolosamente in una ripresa , costituita da imprese che chiudono, famiglie messe in mezzo ad una strada, ricatti occupazionali  ed altri regali assortiti volti a praticare l’eutanasia di qualsiasi residua prospettiva occupazionale.
Ho tremato per la pandemia dell’influenza suina che fortunatamente ha risparmiato la vita di decine di milioni di persone, ma purtroppo ha fagocitato centinaia di milioni di euro, sotto forma d'inutili vaccini  commissionati alle multinazionali farmaceutiche.
Ho passato molte notti di Gennaio e Febbraio a presidiare delle trivelle  con 10 gradi sottozero, senza riuscire a decidere se facessero più male le manganellate distribuite a pioggia o le estremità dei piedi ridotte a cubetti di ghiaccio opalescenti.
Sono inorridito di fronte al massacro  perpetrato dall’esercito israeliano nei confronti dei pacifisti della Freedom Flotilla, senza che l’orrore sia stato lenito minimamente dalle parole del ministro Frattini, sentitosi in dovere di ringraziare Israele per la propria bonomia....

Non capisco per quale sottile meccanismo inconscio mi sia ritrovato a parlare della crisi economica, proprio adesso che posso godermi la simmetria degli ombrelloni aperti dinanzi a me, il passeggio ondeggiante delle fanciulle dentro a costumi che sembrano usciti da un caleidoscopio e questo effluvio di crema solare che solo a sentirlo già mette il buon umore.


E' stata dura arrivare fin qui. Oltre 6 ore chiuso in auto, spesso a passo d'uomo, con il sole che sparava implacabile i suoi raggi assassini sul fiume in secca di lamiere gommate, con la protervia di quella cintura che pretendendo di salvarmi la vita mi incollava al sedile di velluto in una sorta di sauna improvvisata.
Chissà perchè mi sono sentito ridicolo, i fari accesi a illuminare la luce, l'auricolare pesantemente conficcato nell'orecchio destro, la rete di protezione ad isolare nel reparto bagagli il mio pinsher di 37 centimetri che certo se conoscesse l'uso della favella avrebbe da dirmi più di qualche parolina.

Mi sono meritato questo refolo di brezza che mi carezza i capelli, mentre cerco di ritagliarmi il mio metro quadrato di libertà sul bagnasciuga.

Sono stati mesi di notevole stress psicoemotivo, l’influenza suina a rievocare l'atavico terrore della pestilenza, la recessione ad aprire voragini abissali dentro il portafogli, il crollo dell’occupazione a farti capire che nel futuro eden che parla il linguaggio del progresso potrai sostentarti solo in periodi temporalmente circoscritti della tua vita.

La criogenia ho scoperto essere ancora agli albori e oltretutto parecchio dispendiosa, per cui non ho potuto fare a meno di convivere col tarlo che mi domandava cosa avrei mangiato nei periodi d'esubero, mentre l'idea dell'ottimismo geneticamente modificato era ancora al di là dall'apparirmi convincente.

Comunque questi pensieri sono simili a mosche petulanti, così lontani dagli sportivi che allegramente di fianco a me saltellano a tempo di musica nel paradiso dell'acqua gym.
Lasciatemi infilare nel cicaleccio disimpegnato delle persone in coda al baretto, fiumara umana tarantolata come me dalla fantasia di qualcosa di ghiacciato.

Basta pensare agli inceneritori che trasferiscono i rifiuti dentro al nostro corpo, basta preoccuparsi per le stragi di civili in Afghanistan e il massacro del popolo palestinese, basta sorseggiare litri di malumore che inducono al pessimismo senza ragione.

Neppure i cellulari che suonano a ripetizione sotto agli ombrelloni o il sole 24 ore che sta leggendo quel signore attempato con la barba dinanzi a me riusciranno a riportarmi alla realtà.
Ho scelto di accomunarmi ai miei compatrioti in un'overdose di sano egotismo e neanche le bombe mi schioderanno di qui.

Forse la ricetta dell'ottimismo è proprio questa, la realtà non è poi così brutta, basta chiudere gli occhi e miracolosamente sparisce come in una dissolvenza.

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