giovedì 19 marzo 2009

E' ANCORA UN'ONDA ANOMALA?


Marco Cedolin
Gli studenti sono tornati in piazza un po’ in tutta Italia, da Milano a Torino, a Genova, a Firenze, a Roma, a Macerata, partecipando allo sciopero generale dei settori della conoscenza proclamato dalla CGIL. All’Università La Sapienza di Roma si è vissuta una mattinata di tensione fra i giovani che intendevano uscire in corteo dalla cittadella universitaria e le forze dell’ordine decise ad impedire un’azione che avrebbe violato il nuovo protocollo creato per limitare i percorsi dei cortei, varato recentemente dalla giunta Alemanno, in accordo proprio con le organizzazioni sindacali. La tensione è sfociata poi in alcuni scontri fra la polizia e gli studenti, molti dei quali sono rimasti contusi nel corso delle cariche.

A parte gli scontri alla Sapienza, che si sarebbero certo potuti evitare interpretando il protocollo in modo meno rigido, la sensazione lasciata da questa giornata in cui la protesta studentesca è tornata a fare parlare di sé, è quella di un’Onda molto ridimensionata tanto nella partecipazione quanto nelle prospettive, rispetto al movimento che lo scorso autunno riempiva le piazze al grido di “né rossi né neri ma liberi pensieri”. Dopo gli incidenti di Piazza Navona dello scorso Ottobre, creati ad arte dai molti che temevano gli effetti di una protesta forte ed unitaria del mondo studentesco affrancata dal controllo dei partiti politici, la lotta degli studenti ha iniziato infatti a perdere mordente.
Da un lato è venuto meno il valore aggiunto di una lotta inclusiva in grado di travalicare le appartenenze politiche e le divisioni ideologiche. Dall’altro è mancato quello stimolo ad allargare gli orizzonti della protesta, ben oltre la contestazione del decreto Gelmini e la difesa dei diritti del personale docente. Stimolo che risultava prerogativa imprescindibile per consentire all’Onda di maturare nuove consapevolezze, aprendosi verso l’esterno ed aumentando la qualità della contestazione, fino ad arrivare al vero nocciolo del problema. Un problema costituito non tanto dalle “innovazioni” e dai tagli messi in atto dalla Gelmini (per quanto deprecabili possano essere) quanto da un modello di sviluppo che ha deteriorato il mondo del lavoro fino al punto d’ingenerare un sistema che “sforna” e continuerà a sfornare schiere di laureati destinati a diventare disoccupati o lavoratori precari, senza avere la possibilità di mettere a frutto la conoscenza che hanno acquisito nel corso dei loro studi.

Il crollo della partecipazione, affogata nel riemergere delle differenze e dei distinguo, e la mancanza di una dimensione propria, affrancata dalle rivendicazioni di partiti e sindacati che difendono il proprio status quo, ha trasformato la dirompente protesta studentesca d’autunno in un qualcosa d’impalpabile. Un’Onda non più anomala, bensì inquadrata all’interno dei meccanismi della politica, funzionale, come lo è stata oggi, agli interessi di quella CGIL che a suo tempo sottoscrisse proprio la legge 30 grazie alla quale molti di questi ragazzi riceveranno in dono un futuro da precario.

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