giovedì 17 settembre 2009

SOLDATI DI PACE, CADUTI DI GUERRA



Marco Cedolin

Di fronte alla tragedia di Kabul, nel corso della quale hanno perso la vita 6 soldati italiani, ed altri 4 sono rimasti feriti, ritengo inutile versare fiumi d’inchiostro ipocrita, sulla falsariga di quanto sta facendo il circo mediatico in queste ore. Preferisco limitarmi ad esprimere il mio cordoglio per le famiglie delle vittime e riproporre questo articolo che scrissi molti anni fa, in occasione della strage di Nassirya.
Oggi non si tratta più dell’Iraq, bensì dell’Afghanistan, Presidente della Repubblica è diventato Napolitano, a capo del nostro governo siede sempre Berlusconi, anche se con una maggioranza diversa e l’imperialismo americano è capitanato dal democratico Obama, anziché dal Repubblicano Bush. Ma a dispetto del cambiamento dei nomi, dispiace riscontrare come in effetti non sia cambiato nulla ed un articolo di 6 anni fa riesca paradossalmente a fotografare perfettamente la realtà di oggi.


Soldati di pace, caduti di guerra
Quanto è labile il senso delle parole allorché si disquisisce di guerra e pace e la prima viene abbracciata quale giustificativa della seconda.
La morte dei carabinieri italiani in quel di Nassirya riporta in cima alla cronaca una “missione” che non ha mai avuto senso di esistere, se non nella mente malata degli uomini di governo che l'hanno proposta e di gran parte dell'opposizione che l'ha avallata tramite il silenzio assenso.

L'occupazione militare di uno stato straniero, seppur compiuta per conto terzi, può essere propagandata come nobile gesto di pacifismo solo nelle scadenti fiction TV dei canali Rai, non certo nella realtà oggettiva dei fatti.
I nostri soldati sono a tutti gli effetti una forza di occupazione, con il compito precipuo di coadiuvare “l’amico americano” nel non facile compito di gestire la babilonia di morte da lui stesso creata. Proprio nel puerile tentativo di compiacere l'amministrazione americana il nostro paese, pur trovandosi dinanzi ad una situazione economica catastrofica ha stanziato e stanzierà una cospicua parte dei Nostri danari per mantenere attiva l'invasione dell'Iraq.
Da oggi oltre che in termini monetari cominciamo a pagare dazio in maniera ben più grave anche sotto forma di vite umane, immolate sull'altare della connivenza della classe politica italiana con le mire imperialiste americane.

Il Presidente Ciampi che già lo ha fatto e tutti i politici che nei giorni a venire non mancheranno di scimmiottarlo, si guardino bene dal profondersi nella vergognosa farsa dell'indignazione per un vile attentato terroristico!
Quando si occupa in armi il suolo straniero parlare di “terrorismo” è una mistificazione che insulta l'intelligenza degli italiani e soprattutto le famiglie delle vittime.
La “colpa” della strage di stamani e di quelle che sventuratamente dovessero avvenire in futuro, non alligna fra gli uomini della resistenza irachena, bensì nella supponenza incravattata del parlamento italiano, quel parlamento che si è illuso bastasse travestire la guerra da pace per renderla cosa buona e giusta.

La vergogna di oggi è la stessa di quando fu deciso l'invio del contingente italiano, con la differenza che il tributo che abbiamo cominciato a pagare sotto forma di vite umane la rende, se possibile ancora più amara.

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