Marco Cedolin
Buona la prima, ma molto meno la seconda, verrebbe da pensare guardando la grande manifestazione a Roma organizzata ieri dal Popolo della libertà di governo, che fa il paio con quella del 2006, quando Berlusconi era all’opposizione e riusciva disinvoltamente a cavalcare il malcontento generalizzato nei confronti del governo di Romano Prodi.
Troppe le note stonate, ad iniziare dall’improbabile "complotto" per impedire agli elettori di centrodestra di votare, preso come spunto per indire la kermesse.
Dal leift motiv “l’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio” ripetuto come un mantra fino allo sfinimento, nonostante la mise di “partito dell’amore” si addica davvero poco alla baliosa coalizione capeggiata da Berlusconi e alla politica italiana più in generale.
Dai numeri, 150.000 persone secondo la questura, 1 milione a parere degli organizzatori, impietosamente modesti se confrontati con l’adunata del 2006 e visibilmente apprezzabili osservando la panoramica della piazza.
Dalle cadute di stile di pessimo gusto. Se le “mortadelle” e le foto di Padoa Schioppa con i denti da vampiro strappavano sorrisi e simpatia non si può dire certo la stessa cosa del viso di Paolo Borsellino inserito vigliaccamente nei tarocchi o del fotomontaggio che sovrappone il faccione di Marrazzo sul busto di Emma Bonino.
Dall’uso smodato del tricolore e dell’inno di Mameli (ma la Lega non li contesta da sempre in maniera veemente?) conditi da slogan stantii indirizzati contro l’opposizione, ormai allargatasi a chiunque non sia disposto a “santificare” Berlusconi come emissario della divina provvidenza.
Dai siparietti collocati a metà fra gli show della politica americana e le riunioni del multivel –marketing, nel corso dei quali gli aspiranti governatori (Polverini in testa) ballano e cantano sulle notte di canzonette assortite e poi pronunciano in coro (mentre a molti di loro scappa da ridere) un improbabile giuramento di fedeltà al leader maximo Silvio Berlusconi e al partito. Ma l’avete mai visto voi un politico di oggi che disubbidisce agli ordini impartiti dalla segretaria del partito? Gli ultimi credo siano stati i senatori Rossi e Turigliatto e ricordiamo bene come andò a finire.
Per finire con lo sterile discorso di Berlusconi, che anziché di politica parla d’amore, raccontando che tutti lo odiano perché sono invidiosi, comunisti e nemici dell’Italia. Quell’Italia che è ormai un marchio depositato e registrato a suo nome, come accaduto con il nome di “Cota” in Piemonte.
Raccontando che è stato ordito un complotto (costituito in tutta evidenza dalle regole elettorali che tutti sono tenuti a rispettare) per impedire agli elettori del PDL di esprimere il proprio diritto al voto, mentre i milioni di italiani che non possono realmente votare i propri partiti di riferimento, grazie a imposizioni di firme e sbarramenti assortiti, allignano purtroppo altrove.
E con le violente polemiche all’indirizzo della questura, rea (solo in questo caso beninteso) secondo gli organizzatori di avere limato al ribasso i numeri di una manifestazione che oggettivamente proprio oceanica non è stata.
Affanno, molto affanno e almeno altrettanto imbarazzo da parte di un governo in difficoltà, sono le sensazioni che maggiormente traspaiono ad un’osservazione disincantata della kermesse di ieri. Molto più affanno di quanto la logica vorrebbe, dal momento che la mancanza assoluta di un’opposizione credibile porta a pensare che tricolori, aspiranti governatori che scambiano la campagna elettorale per il palco di “Amici” e fautori dell’amore fraterno che più fraterno non si può, calcheranno le scene da protagonisti ancora per molti anni.
Troppe le note stonate, ad iniziare dall’improbabile "complotto" per impedire agli elettori di centrodestra di votare, preso come spunto per indire la kermesse.
Dal leift motiv “l’amore vince sempre sull’invidia e sull’odio” ripetuto come un mantra fino allo sfinimento, nonostante la mise di “partito dell’amore” si addica davvero poco alla baliosa coalizione capeggiata da Berlusconi e alla politica italiana più in generale.
Dai numeri, 150.000 persone secondo la questura, 1 milione a parere degli organizzatori, impietosamente modesti se confrontati con l’adunata del 2006 e visibilmente apprezzabili osservando la panoramica della piazza.
Dalle cadute di stile di pessimo gusto. Se le “mortadelle” e le foto di Padoa Schioppa con i denti da vampiro strappavano sorrisi e simpatia non si può dire certo la stessa cosa del viso di Paolo Borsellino inserito vigliaccamente nei tarocchi o del fotomontaggio che sovrappone il faccione di Marrazzo sul busto di Emma Bonino.
Dall’uso smodato del tricolore e dell’inno di Mameli (ma la Lega non li contesta da sempre in maniera veemente?) conditi da slogan stantii indirizzati contro l’opposizione, ormai allargatasi a chiunque non sia disposto a “santificare” Berlusconi come emissario della divina provvidenza.
Dai siparietti collocati a metà fra gli show della politica americana e le riunioni del multivel –marketing, nel corso dei quali gli aspiranti governatori (Polverini in testa) ballano e cantano sulle notte di canzonette assortite e poi pronunciano in coro (mentre a molti di loro scappa da ridere) un improbabile giuramento di fedeltà al leader maximo Silvio Berlusconi e al partito. Ma l’avete mai visto voi un politico di oggi che disubbidisce agli ordini impartiti dalla segretaria del partito? Gli ultimi credo siano stati i senatori Rossi e Turigliatto e ricordiamo bene come andò a finire.
Per finire con lo sterile discorso di Berlusconi, che anziché di politica parla d’amore, raccontando che tutti lo odiano perché sono invidiosi, comunisti e nemici dell’Italia. Quell’Italia che è ormai un marchio depositato e registrato a suo nome, come accaduto con il nome di “Cota” in Piemonte.
Raccontando che è stato ordito un complotto (costituito in tutta evidenza dalle regole elettorali che tutti sono tenuti a rispettare) per impedire agli elettori del PDL di esprimere il proprio diritto al voto, mentre i milioni di italiani che non possono realmente votare i propri partiti di riferimento, grazie a imposizioni di firme e sbarramenti assortiti, allignano purtroppo altrove.
E con le violente polemiche all’indirizzo della questura, rea (solo in questo caso beninteso) secondo gli organizzatori di avere limato al ribasso i numeri di una manifestazione che oggettivamente proprio oceanica non è stata.
Affanno, molto affanno e almeno altrettanto imbarazzo da parte di un governo in difficoltà, sono le sensazioni che maggiormente traspaiono ad un’osservazione disincantata della kermesse di ieri. Molto più affanno di quanto la logica vorrebbe, dal momento che la mancanza assoluta di un’opposizione credibile porta a pensare che tricolori, aspiranti governatori che scambiano la campagna elettorale per il palco di “Amici” e fautori dell’amore fraterno che più fraterno non si può, calcheranno le scene da protagonisti ancora per molti anni.
Semmai, a volere scavare un poco più in profondità alla ricerca dei motivi di tanto affanno, si può prendere spunto da dissidi e scenate di gelosia che covano sotto la cenere nel partito dell’amore, dove Gianfranco Fini (ieri assente) pervaso da invidia e odio, potrebbe rompere l’idillio e pretendere il divorzio. Anche i grandi amori spesso finiscono ed il confine fra amore ed odio risulta quanto di più labile possa esistere, soprattutto quando intorno all’amore si ha perfino la pretesa di costruire un partito.
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