lunedì 16 novembre 2009

IL MITORINESE MUTANTE


Marco Cedolin
Sembra il titolo di un romanzo di fantascienza, ma in realtà si tratta solamente di un b-movie di giornalismo spazzatura comparso qualche giorno fa su La Stampa, che però ha il pregio di fare divertire e siccome notoriamente il riso fa buon sangue consiglio a tutti di leggerlo fino in fondo.

Il MiTorinese mutante, “l’uomo che vivrà due volte” come si può leggere nel titolo, altri non è se non uno sfigatissimo pendolare, costretto a lavorare a 130 km da casa propria, che non trova di meglio che compiacersi di questa sua situazione, fino a sublimarla, con l’aiuto dell’autrice, nella veste di status symbol, volto a condurlo verso un nuovo stile di vita che non sembra purtroppo essere molto allineato con le necessità imposte dalla catastrofica crisi ambientale con la quale ci troviamo a coesistere.
Fulcro del racconto è naturalmente il nuovo TAV Frecciarossa che stando alle parole della giornalista si rivelerà prodromico della nascita di una nuova unica megalopoli formata (udite udite) dall’unione di Milano e Torino, che grazie all’inaugurazione della nuova linea ad alta velocità potranno (finalmente?) dare vita ad unico comprensorio metropolitano all’interno del quale sarà possibile spostarsi continuamente in maniera tanto schizofrenica quanto priva di senso.

Il MiTorinese mutante è un pendolare di alto lignaggio dal reddito elevato (dirigenti editoriali, titolari di gallerie d’arte, architetti, suonatori dell’orchestra della Rai gli esempi portati nell’articolo) ma la giornalista assicura che anche “professori universitari, impiegati, studenti, professionisti” seguiranno il suo esempio, componendo “un esercito di persone in marcia, laptop nello zaino, presto senz’altro anche col Kindle, sincronizzati al millesimo” come orologi svizzeri impegnati a massimizzare il tempo a loro disposizione.

Il MiTorinese mutante rappresenta l’ultimo stadio nell’evoluzione della specie che, stando alle parole dell’autrice, corre incontro ad un “radioso futuro” all’interno del quale pendolarismo e globalizzazione saranno riusciti a creare un nuovo corso della realtà. La nuova creatura tratteggiata nell’articolo si erge a simulacro di una modernità dove l’individuo rigetta qualsiasi appartenenza e qualsiasi radice, riuscendo a fare a meno perfino di una casa in cui vivere, dal momento che le rotaie del TAV gli permetteranno di abitare a rotazione in casa d’altri, con tale rapidità da non correre il rischio di puzzare come il pesce dopo qualche giorno.

Al MiTorinese mutante viaggiare attraverso i 130 km che separano Torino da Milano piace veramente, al punto che non si accontenta di farlo per lavoro ma, una volta preso il vizio, continua a muoversi su e giù anche nel proprio tempo libero. Perché mai un torinese dovrebbe negarsi il piacere di andare a cena in un ristorante di Milano, anziché nella pizzeria del suo quartiere? E per quale ragione un milanese dovrebbe rinunciare allo sfizio di andare al cinema nella città sabauda, piuttosto che recarsi al solito multisala? E’innegabile che il caffè, il cibo e gli intrattenimenti abbiano tutto un altro gusto quando vengono “conquistati” percorrendo qualche centinaio di km, consumando una quantità di risorse energetiche bastevole a riscaldare per mesi l’abitazione di un contadino dell’Azerbaijan ed inquinando (sorpresa per la giornalista, il TAV inquina e tanto) oltremisura quella megalopoli la cui aria è già oggi praticamente irrespirabile.

Nell’immaginario della giornalista della Stampa “si sale a Porta Susa, si attacca il computer alla presa, in un attimo ti saluta fuori dal finestrino la cupola antonelliana del Duomo di Novara, qualche manciata di minuti ancora e arrivi a Porta Garibaldi” ed il gioco è fatto. Un’esperienza, quella del MiTorinese mutante virtuale, così lontana da quella dei Topendolari e Mipendolari che tutti i giorni percorrono la stessa tratta, accalcati sopra carri bestiame fatiscenti perennemente in ritardo, con i servizi igienici rotti ed il riscaldamento che non funziona, da far pensare che l’articolo sia veramente un saggio di fantascienza metropolitana, magari un po’ visionario e per forza di cose lontano dalla realtà del nostro tempo, figlia della crisi economica e del disastro ambientale.

In realtà ad Egle Santolini, già giornalista di Eva Express, Sorrisi e Canzoni TV, Vanity Fair e Novella 2000, prima di approdare alla Stampa, vanno i più sentiti complimenti per essere riuscita a coniugare una “marchetta” in favore del TAV di Moretti con una in favore della società globalizzata, dove il suo personaggio di fantasia (splendido il neologismo del MiTorinese mutante) senza volto, disancorato dall’appartenenza ad una qualche comunità e deprivato di qualunque radice e tradizione, rimane vittima di un moto perenne che lo porta ad annullare la propria esistenza proprio all’interno del movimento privo di senso e di costrutto.Senza dubbio un articolo dai risvolti onirici e dal rimo serrato divertente come pochi, ma per mistificare la realtà raccontando che i miliardi dei cittadini gettati nel pozzo senza fondo del TAV sono serviti veramente a qualcosa di utile, sarebbe stato sufficiente un racconto di fantasia senza pretese come quelli che mensilmente ci dispensa Moretti, l’estro visionario della Santolini in questo caso è parso quasi un poco sprecato, così come il palcoscenico offerto dalla Stampa di Torino in fondo un poco riduttivo.
Soprattutto in virtù del fatto che (la Santolini non ce ne voglia) le uniche creature mutanti presenti fino ad oggi nel torinese ed ottimamente documentate dal dott. Roberto Topino, continuano a rimanere i fiori ed il tarassaco, deformati a causa dei terreni inquinati dagli scarichi industriali e per osservare la loro mutazione non è stato neppure necessario attendere l’inaugurazione del TAV Frecciarossa.

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