Marco Cedolin
Due nuove vittime entrano nel novero dei soldati italiani che hanno trovato la morte in Afghanistan, dove l'esercito ormai da molti anni è impegnato nel portare avanti la guerra coloniale statunitense voluta da Bush e "coccolata" dal Nobel per la pace Barack Obama.
Due vittime e altri due feriti che, come sempre accade, campeggiano sulle prime pagine e nei titoli d'apertura dei TG, dimostrando in maniera inequivocabile come ormai gli unici morti sul lavoro degni di menzione ed in grado di suscitare la "commozione popolare" siano i soldati in missione di guerra all'estero.
Gli altri, quelli che lavorano nelle fabbriche, muoiono sulle strade, in agricoltura o nell'edilizia contano invero molto poco e possono meritare al più qualche trafiletto nelle cronache locali. In fondo che razza di eroi sarebbero, non portano certo in guerra il tricolore (o se preferite bandiera stelle e strisce) loro.
A margine delle false "lacrime" trasudanti ipocrisia e dell'ormai stantio teatrino imbastito dal mondo politico e giornalistico, si riaffacciano sulla scena anche le solite considerazioni sull'opportunità delle "nostre" missioni militari all'estero, dove siamo impegnati a combattere le guerre degli Stati Uniti e d'Israele.
Considerazioni, questa volta portate timidamente dalla Lega e dal Pd, che non hanno altro scopo se non quello di dirottare la reazione emotiva del momento verso riflessioni cariche di razionalità, in virtù delle quali la guerra è una cosa brutta, il sacrificio che stiamo pagando in termini di vite umane pesante, ma lo scopo della carneficina (spesso avente per oggetto donne e bambini) in fondo troppo nobile perché si possa pensare di defezionare dagli impegni presi.
Le missioni militari all'estero rappresentano qualcosa di aberrante, a prescindere da quale sia il prezzo che paghiamo in termini di vite umane. Lo sono perché comportano l'occupazione in armi di stati sovrani, lo sterminio giornaliero di civili, la prevaricazione nei confronti di culture spesso millenarie.
Ma rappresentano anche un cortocircuito logico di portata enorme, alla luce della situazione economica che stiamo vivendo.
Gli italiani che, secondo le fonti giornalistiche più autorevoli, già nel 2006 faticavano oltremisura per "arrivare a fine mese" e nel frattempo si sono ulteriormente impoveriti, sono in attesa (almeno quei pochi che l'hanno subodorata) della maxi stangata lacrime e sangue imposta dalla UE e supinamente accettata con acquiescenza dal governo. Tremonti, uomo di belle parole e bruttissimi fatti, sussurra e bofonchia frasi sconnesse, come un bimbo che abbia paura di dire alla mamma tutta la verità. Una verità che si esprime in una sola parola: tagli.
Tagli delle spese per il sociale, dei salari, delle pensioni, delle prospettive occupazionali, perché i tagli sono l'unica vera direttiva imposta dalla UE per dirottare verso le banche ed i mercati finanziari sempre più ingenti quantità di denaro.
La logica vorrebbe si tagliassero come prima cosa i finanziamenti miliardari per le missioni militari, anziché l'occupazione, la scuola e gli ospedali. Ma la logica spesso non è che un miraggio inarrivabile.
Due vittime e altri due feriti che, come sempre accade, campeggiano sulle prime pagine e nei titoli d'apertura dei TG, dimostrando in maniera inequivocabile come ormai gli unici morti sul lavoro degni di menzione ed in grado di suscitare la "commozione popolare" siano i soldati in missione di guerra all'estero.
Gli altri, quelli che lavorano nelle fabbriche, muoiono sulle strade, in agricoltura o nell'edilizia contano invero molto poco e possono meritare al più qualche trafiletto nelle cronache locali. In fondo che razza di eroi sarebbero, non portano certo in guerra il tricolore (o se preferite bandiera stelle e strisce) loro.
A margine delle false "lacrime" trasudanti ipocrisia e dell'ormai stantio teatrino imbastito dal mondo politico e giornalistico, si riaffacciano sulla scena anche le solite considerazioni sull'opportunità delle "nostre" missioni militari all'estero, dove siamo impegnati a combattere le guerre degli Stati Uniti e d'Israele.
Considerazioni, questa volta portate timidamente dalla Lega e dal Pd, che non hanno altro scopo se non quello di dirottare la reazione emotiva del momento verso riflessioni cariche di razionalità, in virtù delle quali la guerra è una cosa brutta, il sacrificio che stiamo pagando in termini di vite umane pesante, ma lo scopo della carneficina (spesso avente per oggetto donne e bambini) in fondo troppo nobile perché si possa pensare di defezionare dagli impegni presi.
Le missioni militari all'estero rappresentano qualcosa di aberrante, a prescindere da quale sia il prezzo che paghiamo in termini di vite umane. Lo sono perché comportano l'occupazione in armi di stati sovrani, lo sterminio giornaliero di civili, la prevaricazione nei confronti di culture spesso millenarie.
Ma rappresentano anche un cortocircuito logico di portata enorme, alla luce della situazione economica che stiamo vivendo.
Gli italiani che, secondo le fonti giornalistiche più autorevoli, già nel 2006 faticavano oltremisura per "arrivare a fine mese" e nel frattempo si sono ulteriormente impoveriti, sono in attesa (almeno quei pochi che l'hanno subodorata) della maxi stangata lacrime e sangue imposta dalla UE e supinamente accettata con acquiescenza dal governo. Tremonti, uomo di belle parole e bruttissimi fatti, sussurra e bofonchia frasi sconnesse, come un bimbo che abbia paura di dire alla mamma tutta la verità. Una verità che si esprime in una sola parola: tagli.
Tagli delle spese per il sociale, dei salari, delle pensioni, delle prospettive occupazionali, perché i tagli sono l'unica vera direttiva imposta dalla UE per dirottare verso le banche ed i mercati finanziari sempre più ingenti quantità di denaro.
La logica vorrebbe si tagliassero come prima cosa i finanziamenti miliardari per le missioni militari, anziché l'occupazione, la scuola e gli ospedali. Ma la logica spesso non è che un miraggio inarrivabile.
Qualche considerazione fine a sé stessa, utile per imbonire una parte dell'elettorato. Qualche lacrima d'ipocrita contrizione per far leva sull'amor patrio degli altri elettori.
Qualche dotto proclama che parli il linguaggio del pragmatismo, l'importante è in fondo che la commedia continui come e meglio di prima.
4 commenti:
Ciao Marco, non posso che non concordare con te in quello che hai scritto.
Purtroppo, in questi avvenimenti, la propaganda si rotola nel sangue di chi perisce e di chi rimane ferito, tanto da - metaforicamente parlando - voler scagliare, su chi la vede differentemente da come dicono loro, coloro che muoiono.
E' uno "spettacolo" desolante vedere, anzi, sentire, la solita solfa ogni volta che un italiano muore in Iraq o in Afghanistan. Sentire sempre: i nostri ragazzi, bisogna rimanere lì per la pace, andarsene significherebbe non onorare la memoria di chi è morto, ecc...
Questo è uno di quegli argomenti, Marco, in cui c'è poco da parlare e scrivere, la pensiamo allo stesso modo. E la rabbia, nei confronti di una propaganda che sembra non avere rivali, è così forte che neanche si ha lo stimolo di scrivere due righe.
Fai bene nel ricordare che ci sono tanti altri italiani che, senza nulla togliere ai soldati, muoiono anche più spesso sul posto di lavoro.
Hai espresso ciò che penso io quando sento dire la solita retorica disgustante e vomitevole di questi giorni.
Ma chi rimarca, dimenticandosi altri morti, non lo fa per spirito caritatevole, ma lo fa, rotolandosi nei morti, per pura propaganda nazionale.
Ovvio che noi popolino non ci lasceremo infinocchiare da queste retoriche battute; i morti sono i morti. Punto. Nessuno vale di più. Ognuno, se perisce, muore per ciò che stava facendo e credendo. E nel caso dei militari, sì, crederanno in ciò che faranno, ma sul lato dell'aiuto alle popolazioni. Sono sicuro che in cuor loro non condivideranno la missione. Lì ci sono solo ed esclusivamente interessi.
Per finire;
propagandando le finte missioni di pace e il finto dispiacere, si dimenticano pure di tenere a bada i loro bassi istinti: ieri, il Ministro della Difesa ha trovato anche il tempo di parlare della partita di calcio Siena-Inter. Era dispiaciuto del comportamento del Siena contro la "sua" Inter.
Secondo lui ( interpreto il suo "ragionamento" ) il Siena, essendo già retrocesso, avrebbe dovuto facilitare la partita dell'Inter.
Ma guarda che problemi!!!
Intanto, il Ministro, già si è procurato i biglietti per la finale di Coppa Campioni, tra l'Inter e il Bayer Monaco, a Madrid.
Caro Luca,
sicuramente la retorica sui morti non ha nulla di caritatevole, ma si connota come pura ipocrita speculazione finalizzata alla creazione d'improbabili giustificazioni.
Per quanto riguarda La Russa, il fatto che egli usi la sua posizione per prodursi in esternazioni (oltretutto di dubbia moralità)aventi per oggetto il campionato di calcio e la sua squadra del cuore, credo sia indicativo del bassissimo livello culturale che caratterizza i nostri ministri.
Non c'è nulla di male nell'interessarsi di calcio, ma un ministro, in qualità di figura pubblica di estrema rilevanza, dovrebbe perlomeno evitare di trascendere pubblicamente in polemiche calcistiche di bassa lega.
Da un uomo che in qualità di ministro racconta che dobbiamo fare la guerra in Afghanistan, per evitare che i terroristi vengano a colpirci in casa nostra, non ci si può attendere comunque nulla di più.
Complimenti Marco, arguto come tuo solito.
Per quanto riguarda le lacrime di coccodrillo quando ci sono delle vittime e l'ipocrisia dei nostri governanti sulle missioni militari all'estero mi trovi perfettamente d'accordo. Essi rispecchiano fedelmente la maggioranza dei popoli italiani che della doppiezza e della falsità hanno da sempre fatto la loro bandiera.
Vorrei dissentire da quanto tu scrivi a proposito dei tagli alle spese e "della maxi stangata lacrime e sangue imposta dalla UE e supinamente accettata con acquiescenza dal governo".
Premetto che non ho mai gradito la nostra entrata nella Ue, e tanto meno la moneta unica che di colpo ha dimezzato i redditi fissi e i nostri risparmi, nel silenzio di tutti, sindacati compresi. Non ho mai gradito che a gente straniera della Commissione, che parla forestiero, che non è mai stata eletta da nessuno, sia concesso il diritto di "bacchettarci" e di imporci cosa dobbiamo o non dobbiamo fare. Ma, indipendentemente dai "ragli" di Bruxelles, io sono convinto che la messa in ordine dei conti pubblici è una faccenda nostra che dovevamo sbrigare già da molti decenni.
Come capita in ogni famiglia spendacciona, quando ci sono debiti c'è anche sudditanza. E la sudditanza di un popolo non solo gli fa chinare il capo di fronte al creditore, ma lo mina anche nella dignità perché lo rende soggetto al ricatto di chi gli compra i titoli del debito pubblico. Per evitare ciò è giusto e doveroso tagliare le spese, prima di tutto le spese militari; poi bisogna commisurare le uscite con l'ammontare delle entrate, le quali devono essere originate dalla sola tassazione.
Illuminati esponenti della scuola economica austriaca sostengono che le spese militari devono essere sostenute solo dall'imposizione fiscale diretta e non dall'aumento del debito. Così i cittadini possono valutare di "tasca propria" l'opportunità o meno di mandare le loro truppe in giro per il mondo a rompere le scatole a dei popoli che vogliono risolversi le loro beghe interne senza interferenze esterne.
Se le tasse ~ che da noi hanno superato il limite della vessazione ~ non bastano per pareggiare le spese (che hanno radici storiche, compresi gli sprechi e la corruzione), allora è doveroso effettuare dei tagli. Le conseguenti "lacrime e sangue" derivano dal fatto che per decenni abbiamo vissuto da cicale, e il ritorno alla parsimonia delle formiche ora ci pesa moltissimo.
Io non sono d'accordo con la visione keynesiana dello "Stato imprenditore", per cui se vengono falcidiate le "spese per il sociale" (tipicamente orientate ai fannulloni) e le spese per le "prospettive occupazionali", la cosa non può che trovarmi favorevole. Meno soldi ha lo Stato da maneggiare e meno disastri può combinare: tutte le volte che interviene sui fattori che riguardano l'economia del paese commette guai irreparabili. Io sono del parere che un governo deve soltanto vigilare che non ci sia degrado nei rapporti tra i cittadini, cioè le truffe, i raggiri, i furti, i cartelli, i monopoli, le attività inquinanti e depauperanti le risorse naturali, le adulterazioni degli alimenti, ... e punire severamente i colpevoli. Solo questo e basta.
Certo che se concedi allo Stato la possibilità di intervenire sull'economia e di permettere alle Banche Centrali di creare inflazione con le "iniezioni di liquidità" per salvare le banche assassine e gli amici degli amici, allora lo sfacelo è inevitabile. Come è inevitabile lo schianto finale se gli si concede impunemente di parlare di crescente fabbisogno di energia, di centrali nucleari, di crescita del Pil, di grandi opere, di aumento dei consumi, di incentivi (statali!) alla natalità...
-- Michele
Salve Cedolin.
Evidentemente sono d'accordo anch'io.
Questa guerra neocoloniale è combattuta per soli fini economici come dimostra la coincidenza tra posizione delle basi e quella degli oleodotti, stessa cosa già capitata in Iraq.
Mi chiedo fino a che punto i mercenari inviati laggiù siano consapevoli di quello che fanno perché, se un tempo provavo almeno il rispetto umano al di là della politica, oggi anche quello sta scemando sapendo ciò che combinano.
Posta un commento