In
Val di Susa si incominciò a parlare di TAV agli inizi degli anni 90.
Era il periodo in cui stavano partendo i lavori per la costruzione dei
1020 km d’infrastruttura per i treni ad alta velocità sulla direttrice
Torino – Milano – Roma – Napoli e in Val di Susa fervevano i cantieri
per la realizzazione della nuova autostrada del Frejus.
Inizialmente
il progetto del TAV Torino - Lione venne presentato come finalizzato al
trasporto dei passeggeri che utilizzavano la linea ferroviaria
esistente, promettendo dei tempi di percorrenza notevolmente più ridotti
rsipetto a quelli standard. Fin da subito risultò però evidente come il
traffico dei viaggiatori fra Torino e Lione fosse estremamente esiguo e
del tutto inadeguato a giustificare un investimento di enormi
proporzioni come quello determinato dal progetto....
Posti
di fronte a questa evidenza, che alimentava un sentimento di
contrarietà da parte della popolazione nei confronti dell’opera, i
proponenti della stessa, nella seconda metà degli anni 90 fecero una
capriola degna di un artista circense e dichiararono che la motivazione
prima che determinava la necessità di costruire la nuova infrastruttura
era in realtà il trasporto delle merci fra l’Italia e la Francia (in
quegli anni ancora in espansione), merci che in breve tempo avrebbero
saturato le capacità della linea esistente.
Nonostante
la nuova destinazione d’uso creata per l’infrastruttura, il malumore e
la contrarietà della popolazione nei confronti dell’opera rimasero
immutati, anzi per molti versi crebbero, alimentati dal cortocircuito
logico in virtù del quale si stava sventrando la valle (con gravissime
ripercussioni in termini ambientali, ecologici e sociali) per costruire
un’autostrda sulla quale riversare le merci dirette in Francia, mentre
già si stava progettando una nuova infrastruttura, se possibile ancora
più impattante della prima, per spostare quelle stesse merci
dall’autostrada al TAV.
L’iter
del progetto continuò a procedere speditamente, fino a quando nel 2005
arrivò il momento dei primi sondaggi e dell’installazione a Venaus del
primo cantiere, necessario per lo scavo del tunnel geognostico,
funzionale alla prevista galleria di oltre 50 km che avrebbe costituito
il fulcro dell’opera.
L’autostrada
del Frejus nel frattempo era stata completata, appalesando tutto il
carico di crticità ai danni del territorio determinato dalla sua
costruzione, sia in termini di deterioramento degli equilibri
idrogeologici, sia per quanto concerne il pesante deturpamento di quella
che é una valle alpina.
I passeggeri interessati a viaggiare fra Torino e Lione continuavano a non esistere come non esistevano dieci anni prima.
I
traffici commerciali che nelle previsioni avrebbero dovuto in breve
tempo saturare la linea ferroviaria esistente, erano al contrario dal
2000 in costante calo, al punto che la ferrovia “storica” veniva
utilizzata al 30% delle proprie potenzialità.
Di
conseguenza quello che inizialmente era solamente malumore e
scetticismo nei confronti di un progetto ritenuto insensato, si
trasformò presto in un’aperta opposizione all’opera, che diede luogo ad
una vera e propria rivolta popolare.
Nonostante
l’appoggio bipartisan di quasi tutti i partiti politici ed il “pugno”
duro usato dalle forze dell’ordine che non esitarono a bastonare i
valligiani senza alcuno scrupolo, mandando all’ospedale anche donne ed
anziani e militarizzarono la Valle con migliaia di uomini, dal momento
del primo sondaggio in poi la situazione continuò a deteriorarsi.
Fino
ad arrivare al proprio apice l’8 dicembre 2005, quando dopo quasi due
mesi di scontri durissimi, feriti, scioperi e manifestazioni, oltre
80mila persone invasero come un fume in piena i terreni di Venaus sui
quali avrebbe dovuto sorgere il cantiere, occupati in massa dalle forze
dell’ordine, e di fatto determinarono il fallimento di un progetto che
mai avrebbe potuto essere portato avanti in quelle condizioni.
Poi
le forze dell’ordine furono ritirate e la parola passò alla politica.
Attraverso una riunione a Roma fra il governo ed i sindaci dei comuni
valsusini contrari all’opera, dalla quale emerse la decisione di
soprassedere con l’esecuzione del progetto ma non di accantonarlo,
delegandone la sopravvivenza al neonato Osservatorio sul TAV Torino –
Lione, a presiedere il quale venne chiamato l’architetto Mario Virano,
già presidente dell’Anas e figura di spicco di quei Ds che solo qualche
anno dopo avrebbero dato origine al PD.
1 commento:
Io penso che la TAV in val di Susa si farà...
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