giovedì 27 marzo 2008

IMPREGILO DAI RIFIUTI DI NAPOLI AL NEVADA

Marco Cedolin

La multinazionale Impregilo, primario gruppo italiano nel settore delle costruzioni e dell’ingegneria, il cui pacchetto di maggioranza è attualmente nelle mani delle famiglie Benetton, Gavio e Ligresti, continua a tenere fede al suo ruolo di leader nella costruzione delle grandi opere e nella creazione di altrettanto grandi devastazioni ambientali e sociali. Sono infatti una sequela infinita le tragedie ambientali, i dissesti del territorio, le violazioni dei diritti umani, i conflitti politico sociali, le deportazioni e gli esodi forzati di popolazione e gli sprechi di risorse finanziarie ed umane direttamente o indirettamente imputabili all’operato della multinazionale italiana.

Già fra il 1976 e il 1982 Impregilo (allora Impresit-Cogefar) partecipò alla costruzione della diga Chixoy in Guatemala, un progetto il cui costo finale di 800 milioni di dollari si rivelò del 300% superiore alle previsioni e determinò un’espansione del debito pubblico del paese centroamericano nell’ordine del 45% del suo intero ammontare. I finanziamenti provennero dalle casse della Banca Mondiale e della Banca Interamericana di Sviluppo. Gli abitanti dei territori interessati dal progetto furono costretti al trasferimento coatto e di fronte alla loro riluttanza ad abbandonare le proprie terre e le proprie case si scatenò una campagna di terrore durante la quale vennero trucidate oltre 400 persone. La produzione elettrica della diga non è mai andata oltre il 70% delle sue potenzialità ed a causa dell’accumulo di sedimenti nell’invaso gli esperti calcolano che entro una ventina d’anni l’impianto non sarà più in grado di funzionare.

Fra il 1983 ed il 1994 Impregilo insieme alla francese Dumaz partecipò alla costruzione della diga di Yacyretà che sorge sul fiume Paranà al confine fra Argentina e Paraguay sulla base di un contratto da 1,4 miliardi di dollari. I costi del progetto aumentarono di 4 volte per la parte ingegneristica e di 7 volte per quella amministrativa, determinando un costo finale dell’energia prodotta di tre volte superiore a quello medio nazionale. La produttività energetica dell’impianto è solamente il 60% di quella prevista e la costituzione dell’invaso che ha sommerso 100.000 ettari di terreni incontaminati ha determinato l’allontanamento dalle proprie case di 70.000 persone relegate a “sopravvivere” su 9000 ettari di terreno altamente degradato.


Nel 1997 Impregilo partecipò in Nepal al Consorzio deputato alla costruzione della diga di Kaligandaki grazie ad un finanziamento dell’Asian Development Bank. L’opera si distinse soprattutto per le gravi irregolarità del progetto, gli effetti ambientali devastanti e la grande quantità d’incidenti mortali occorsi agli operai impegnati nella costruzione.

Sempre negli anni 90 Impregilo partecipò in qualità di capofila all’associazione d’imprese che costruì la diga Katse in Lesotho. Lo scopo dell’opera fu quello di deviare l’acqua del fiume Malibamats’o ( risorsa naturale indispensabile per il Lesotho) convogliandola in territorio sudafricano per mezzo di due gallerie. Le conseguenze della diga Katse furono oltremodo devastanti sia sul piano sociale che su quello ambientale. Il bacino cancellò 2000 ettari di terra coltivata e 4500 ettari adibiti a pascolo e di conseguenza migliaia di famiglie della locale etnia Basotho che vivevano di agricoltura e pastorizia furono private delle risorse necessarie alla loro sussistenza. L’enorme pressione generata dall’acqua contenuta nell’invaso determinò l’apertura di una faglia di 1,5 km nel villaggio di Mapeleng e dopo la conclusione del riempimento nel mese di ottobre 1995 si verificarono oltre 90 terremoti nell’arco di soli 16 mesi. Nel mese di aprile 2005 in Lesotho iniziò un processo nei confronti di Impregilo, per corruzione in merito all’aggiudicazione di appalti, con una richiesta di risarcimento di circa 1,5 milioni di euro.

Impregilo sta attualmente partecipando in Islanda al ciclopico progetto Karahnjukar che prevede la costruzione di 9 dighe in terra, fra cui la più imponente d’Europa, una centrale idroelettrica da 690 megawatt ed una mega fonderia in grado di produrre 320.000 tonnellate di alluminio l’anno, contro la volontà del 65% dei cittadini islandesi che hanno espresso la propria contrarietà all’operazione. La multinazionale italiana che ha già iniziato la propria opera di devastazione facendo saltare in aria con l’ausilio di cariche esplosive il più spettacolare canyon dell’Islanda è accusata da parte dell’Associazione ecologista Savingiceland di comportamenti intimidatori nei confronti degli ecologisti e vessatori verso i propri dipendenti.

In Italia Impregilo è una presenza di spicco fra le imprese che stanno procedendo alla costruzione delle tratte TAV, nonché imputata in quanto parte del consorzio Cavet, nel processo che si sta tenendo a Firenze a causa dei gravissimi danni ambientali provocati dai cantieri dell’alta velocità nel Mugello. Impregilo ha anche partecipato alla costruzione delle metropolitane di Milano, Roma, Napoli e Genova, alle infrastrutture aeroportuali di Fiumicino e Capodichino, è artefice di larga parte della rete autostradale nazionale, ha ottenuto l’appalto per la realizzazione di un villaggio residenziale per gli addetti della base aeronavale di Sigonella in Sicilia, risulta General Contractor nel progetto del ponte sullo Stretto di Messina ed ha provveduto a costruire perfino l’Istituto Europeo di Oncologia creato nel 1994 dall’ex ministro della Salute Umberto Veronesi che recentemente si è distinto per la propria “crociata” in favore degli inceneritori.
Ma soprattutto Impregilo risulta fra i principali responsabili della drammatica emergenza rifiuti nel napoletano avendo gestito per oltre 5 anni attraverso le controllate Fibe s.p.a e Fibe Campania s.p.a. l’intero ciclo di raccolta e smaltimento dei rifiuti in Campania nonché la controversa realizzazione dell’inceneritore di Acerra. I risultati della gestione furono talmente disastrosi da indurre Impregilo a defilarsi dal “brutto affare” della spazzatura, aiutata in questa operazione dal decreto legge n. 245 del 30 novembre 2005, varato dal Consiglio dei Ministri del governo Berlusconi per fronteggiare l’emergenza dei rifiuti in Campania, il quale prevedeva la risoluzione “ope legis” dei contratti con le società appaltatrici. Proprio in relazione allo scandalo dei rifiuti napoletani Impregilo, insieme al Presidente della Regione Campania Antonio Bassolino è stata rinviata a giudizio e sarà parte in causa nel processo che inizierà il 14 maggio davanti al tribunale di Napoli.

Nonostante l’affare dei rifiuti napoletani, nel merito del quale la magistratura aveva provveduto a congelare i conti correnti italiani del gruppo per un valore di 750 milioni di euro e la temporanea sospensione della costruzione del ponte sullo Stretto di Messina per decisione del governo Prodi avessero indotto una grave crisi di liquidità finanziaria, Impregilo grazie all’aiuto dei grandi gruppi bancari sembra essere tornata in salute, pronta per sempre nuove sfide in giro per il mondo.
Lo scorso 25 marzo 2008 la multinazionale italiana si è infatti aggiudicata la gara promossa dal Southern Nevada Water Authority (SNWA) per la realizzazione di un articolato sistema di prelievo e trasporto delle acque del Lake Mead, uno dei più grandi laghi artificiali degli Stati Uniti situato a circa 30 chilometri a sud-est della città di Las Vegas nel Nevada, al fine di aumentare la fornitura di acqua per usi potabili e domestici dell'area urbana di Las Vegas, per un valore della commessa pari a 447 milioni di dollari. Si tratta di un progetto estremamente complesso che prevede la realizzazione a circa 100 metri di profondità sul fondo del lago di una presa d'acqua, la costruzione di un tunnel della lunghezza di circa cinque chilometri e lo scavo di un pozzo di accesso profondo circa 200 metri. L’avvio dei lavori avverrà a breve mentre la conclusione dell’opera è prevista per la seconda metà del 2012, sempre che non venga adoperato lo stesso metodo utilizzato per l’inceneritore di Acerra, la cui costruzione iniziò nel 2004 con promessa di consegna entro 300 giorni, mentre nel 2008 l’impianto risulta ancora alla ricerca di qualcuno che accetti l’appalto per portarlo a termine.

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