Marco Cedolin
L’importanza del business ecologico, quale fonte di facile profitto e altrettanto facile costruzione di popolarità politica, continua a diventare ogni giorno più evidente. Lo hanno compreso perfettamente i grandi e piccoli leader politici, impegnati ormai da qualche tempo a dipingere di un’improbabile tinta verde i propri programmi elettorali e le proprie azioni, pur continuando senza posa nella sistematica devastazione dell’ambiente. Così come lo hanno capito le grandi industrie ed i grandi gruppi legati all’energia che pur portando avanti politiche ambientalmente criminali, vengono rappresentati dai giornalisti e pubblicitari al proprio servizio, in TV e sulla carta stampata, sotto forma di aziende interessate in primo luogo alla tutela dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Proprio il comparto dell’energia e quello dei trasporti, intimamente legati fra loro, sono risultati essere fra i più sensibili al canto delle “sirene ambientaliste”, arrivando a produrre ossimori e cortocircuiti logici di ogni sorta. Questo poiché i dogmi della crescita e dello sviluppo impongono il consumo di quantità sempre crescenti di energia e solamente attraverso l’illusione che tale energia possa venire prodotta in quantità pressoché illimitata e con scarse ricadute in termini d’inquinamento ambientale, si riuscirà a veicolare nell’immaginario collettivo il convincimento che sia possibile continuare a procedere all’infinito sulla strada intrapresa.
All’interno di questa scuola di pensiero sono molti i casi di mistificazioni macroscopiche, attraverso le quali si è inteso creare patenti di “sostenibilità ecologica” nei confronti di strumenti che risultano privi di qualunque presupposto volto a meritarle. Basti pensare ai forni inceneritori a recupero energetico spacciati come un metodo “pulito” attraverso il quale produrre energia tramite i rifiuti, nonostante risultino essere strumenti di morte tanto dannosi per la salute quanto insostenibili dal punto di vista economico. Alle centrali nucleari, ai treni ad alta velocità, alle centrali a carbone "pulito" ed a quelle turbogas. Tutte tecnologie altamente impattanti, presentate come la nuova frontiera dell’ambientalismo, dopo essere state ricoperte di una mano di vernice verde.
Nonostante l’opera di tinteggiatura e la ridda di mistificazioni messe in atto, continua però a risultare evidente l’assoluta inadeguatezza degli strumenti esistenti, nel garantire la progressiva crescita delle risorse energetiche a disposizione nei decenni futuri, anche a fronte del possibile esaurimento dei giacimenti petroliferi. Ecco allora fuoriuscire come d’incanto dal cilindro del prestigiatore tutta una serie di progetti più o meno fantascientifici, più o meno realizzabili, più o meno aderenti alla realtà, che infarciscono le pagine dell’informazione, promettendo al lettore per il prossimo futuro energia a iosa, pulitissima ed eterna.
Dal momento che ai tinteggiatori del futuro la fantasia non manca, l’elenco si manifesta lungo ed assai variegato e spazia dalla centrale eolica (grande quanto il Galles) da posizionare nel deserto del Sahara, che al modico costo di 50 miliardi di euro sarebbe in grado d’illuminare l’intera Europa, alla città Ziggurat in grado di ospitare un milione di persone all’interno di soli 2,3 chilometri quadrati, alle navi robotizzate che dovrebbero risolvere il problema del riscaldamento globale attraverso l’irrorazione delle nuvole con acqua marina, fino a giungere al progetto del "traffico rinnovabile" prodotto dalla società israeliana Innowattech.
Quest’ultimo, consistente nell’impiego di generatori piezoelettrici che affogati nell’asfalto delle autostrade sfrutterebbero l’energia meccanica determinata dal passaggio delle automobili e dei mezzi pesanti, producendo in questo modo energia elettrica, merita un’attenzione particolare.
I dati diffusi dalla stessa Innowattech, relativi alla possibilità di produrre, quando c’è gran traffico, circa 100 kW all’ora per ogni km di corsia autostradale, non significano infatti nulla, non potendo essere letti in funzione del costo al km dell’impianto e dei dati relativi al carico economico determinato dalla manutenzione ed alla frequenza della stessa, che al momento risultano sconosciuti. Ma la natura del progetto sembra calzare davvero a pennello per i sogni di tutti coloro che sono impegnati a dipingere di verde la macchina della crescita e potrebbero “finalmente” costruire dappertutto autostrade e tangenziali a 6, 8 o 12 corsie, sulle quali far correre milioni di autovetture e mezzi pesanti, raccontando che lo stanno facendo unicamente per il bene dell’ambiente. Proprio l’equilibrio ambientale dovrebbe infatti trarre enormi benefici, insieme all’economia, dalla produzione di così tanta “energia pulita” che scorreva dinanzi ai nostri occhi senza che ce ne fossimo mai accorti, impegnati com’eravamo ad osservare unicamente il mare di petrolio necessario a muovere quegli stessi milioni di autoveicoli. Un mare di petrolio senza il quale però i generatori piezoelettrici della Innowattech non potrebbero accendere neppure una lampadina, facendo si che scrostata la mano di vernice si finisca per ritornare al punto di partenza, laddove giace senza vita e senza senso il mito defunto della crescita infinita.L’unica strada praticabile ha una sola corsia ed è anche a senso unico: ridurre la movimentazione schizofrenica delle merci e delle persone ed adottare sempre più massicciamente la filosofia del km zero, l’unica che permetta di accendere sempre e comunque la lampadina del buon senso.
Proprio il comparto dell’energia e quello dei trasporti, intimamente legati fra loro, sono risultati essere fra i più sensibili al canto delle “sirene ambientaliste”, arrivando a produrre ossimori e cortocircuiti logici di ogni sorta. Questo poiché i dogmi della crescita e dello sviluppo impongono il consumo di quantità sempre crescenti di energia e solamente attraverso l’illusione che tale energia possa venire prodotta in quantità pressoché illimitata e con scarse ricadute in termini d’inquinamento ambientale, si riuscirà a veicolare nell’immaginario collettivo il convincimento che sia possibile continuare a procedere all’infinito sulla strada intrapresa.
All’interno di questa scuola di pensiero sono molti i casi di mistificazioni macroscopiche, attraverso le quali si è inteso creare patenti di “sostenibilità ecologica” nei confronti di strumenti che risultano privi di qualunque presupposto volto a meritarle. Basti pensare ai forni inceneritori a recupero energetico spacciati come un metodo “pulito” attraverso il quale produrre energia tramite i rifiuti, nonostante risultino essere strumenti di morte tanto dannosi per la salute quanto insostenibili dal punto di vista economico. Alle centrali nucleari, ai treni ad alta velocità, alle centrali a carbone "pulito" ed a quelle turbogas. Tutte tecnologie altamente impattanti, presentate come la nuova frontiera dell’ambientalismo, dopo essere state ricoperte di una mano di vernice verde.
Nonostante l’opera di tinteggiatura e la ridda di mistificazioni messe in atto, continua però a risultare evidente l’assoluta inadeguatezza degli strumenti esistenti, nel garantire la progressiva crescita delle risorse energetiche a disposizione nei decenni futuri, anche a fronte del possibile esaurimento dei giacimenti petroliferi. Ecco allora fuoriuscire come d’incanto dal cilindro del prestigiatore tutta una serie di progetti più o meno fantascientifici, più o meno realizzabili, più o meno aderenti alla realtà, che infarciscono le pagine dell’informazione, promettendo al lettore per il prossimo futuro energia a iosa, pulitissima ed eterna.
Dal momento che ai tinteggiatori del futuro la fantasia non manca, l’elenco si manifesta lungo ed assai variegato e spazia dalla centrale eolica (grande quanto il Galles) da posizionare nel deserto del Sahara, che al modico costo di 50 miliardi di euro sarebbe in grado d’illuminare l’intera Europa, alla città Ziggurat in grado di ospitare un milione di persone all’interno di soli 2,3 chilometri quadrati, alle navi robotizzate che dovrebbero risolvere il problema del riscaldamento globale attraverso l’irrorazione delle nuvole con acqua marina, fino a giungere al progetto del "traffico rinnovabile" prodotto dalla società israeliana Innowattech.
Quest’ultimo, consistente nell’impiego di generatori piezoelettrici che affogati nell’asfalto delle autostrade sfrutterebbero l’energia meccanica determinata dal passaggio delle automobili e dei mezzi pesanti, producendo in questo modo energia elettrica, merita un’attenzione particolare.
I dati diffusi dalla stessa Innowattech, relativi alla possibilità di produrre, quando c’è gran traffico, circa 100 kW all’ora per ogni km di corsia autostradale, non significano infatti nulla, non potendo essere letti in funzione del costo al km dell’impianto e dei dati relativi al carico economico determinato dalla manutenzione ed alla frequenza della stessa, che al momento risultano sconosciuti. Ma la natura del progetto sembra calzare davvero a pennello per i sogni di tutti coloro che sono impegnati a dipingere di verde la macchina della crescita e potrebbero “finalmente” costruire dappertutto autostrade e tangenziali a 6, 8 o 12 corsie, sulle quali far correre milioni di autovetture e mezzi pesanti, raccontando che lo stanno facendo unicamente per il bene dell’ambiente. Proprio l’equilibrio ambientale dovrebbe infatti trarre enormi benefici, insieme all’economia, dalla produzione di così tanta “energia pulita” che scorreva dinanzi ai nostri occhi senza che ce ne fossimo mai accorti, impegnati com’eravamo ad osservare unicamente il mare di petrolio necessario a muovere quegli stessi milioni di autoveicoli. Un mare di petrolio senza il quale però i generatori piezoelettrici della Innowattech non potrebbero accendere neppure una lampadina, facendo si che scrostata la mano di vernice si finisca per ritornare al punto di partenza, laddove giace senza vita e senza senso il mito defunto della crescita infinita.L’unica strada praticabile ha una sola corsia ed è anche a senso unico: ridurre la movimentazione schizofrenica delle merci e delle persone ed adottare sempre più massicciamente la filosofia del km zero, l’unica che permetta di accendere sempre e comunque la lampadina del buon senso.
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