giovedì 22 ottobre 2009

PRIMARIE DEL PD: ALLA RICERCA DEL VOTO INUTILE


Marco Cedolin
Fin dal momento in cui sono stati chiusi i seggi delle elezioni di giugno, il PD ha smesso di occuparsi di politica e di fare opposizione (sempre ammesso che la melina inconcludente dei mesi precedenti costituisse un modo di fare politica ed opposizione) per dedicarsi quasi esclusivamente all’organizzazione delle primarie di fine ottobre, deputate ad eleggere il nuovo segretario del partito.
Fin dal momento in cui sono stati individuati i tre candidati (il vincente, lo sfidante, la comparsa) scelti per concorrere nell’unica competizione elettorale in cui il PD può vantare la sicurezza di ottenere un successo, è risultato evidente che Pierluigi Bersani (amico delle Coop e terrore dei tassisti) sarebbe stato il nuovo segretario, Dario Franceschini lo sconfitto, Ignazio Marino il terzo incomodo, utile per avallare l’idea di un partito aperto al cambiamento.

Il secondo atto della farsa delle “primarie”, dopo quelle che portarono alle elezioni del dimissionario Walter Veltroni è in fondo tutto qui. Una competizione elettorale assolutamente inutile (se non per motivi di propaganda politica), il cui esito scontatissimo è già stato deciso a tavolino mesi prima, attraverso la quale si tenta di scimmiottare il modello statunitense, trasportandolo senza successo in una realtà molto differente, come quella italiana.

Nonostante ciò la campagna elettorale e la “macchina” del voto messe in campo dal PD risultano imponenti, quasi a voler far credere ai cittadini che si tratti di una vera e propria tornata elettorale, nel corso della quale saranno incaricati di scegliere il nuovo segretario, anziché avallare, come risulta evidente, il segretario già scelto in precedenza dal partito in base alla semplice logica degli equilibri di forze preesistenti fra DS e Margherita.Gli oltre 10.000 seggi che verranno allestiti sia in Italia che all’estero ed una campagna elettorale condotta senza risparmio con tanto di sponsor vip, manifesti, cartelloni, comizi e confronti pubblici fra i candidati in TV e nelle piazze, stanno a dimostrare un investimento di risorse economiche fuori dalla norma. E forse simboleggiano meglio di ogni altra cosa l’assoluta autoreferenzialità di un partito che sembra avere smesso definitivamente di guardare al paese, per concentrarsi unicamente sulla gestione degli equilibri interni, con le relative correnti in lotta per la supremazia ed un gran numero di poltrone da spartire. Un partito, come si può evincere dai programmi dei tre candidati, troppo vicino alle idee del PDL di Berlusconi per nutrire la velleità di rappresentare un’alternativa e al tempo stesso troppo contraddittorio per aspirare al governo del paese.
Sostanzialmente nulla più che la chiamata alle urne per conferire un voto inutile, tanto inutile quanto la molletta con sopra scritto “ci tengo” (a cosa?) che verrà “regalata” al modico prezzo di due euro a tutti i coraggiosi votanti.

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